martedì 30 agosto 2011

Mercatino del Libro Usato - Eventi settembre


Sta per partire il Mercatino del Libro Usato che si svolgerà dal 1 fino al 7 settembre in Piazza Cavour a Rimini presso la Sala degli Archi.

Intanto è stato definito il ricco programma di eventi "Incontri del Mercatino", come da programma scaricabile qui sotto, alla cui organizzazione ha partecipato anche l'Associazione Centro Studi Nuove Generazioni, in particolare per "Libera scelte di giustizia" di sabato 3 settembre.


lunedì 29 agosto 2011

Il lavoro dell'uomo

di Gianfranco Vanzini

Da sempre il lavoro dell’uomo è stato oggetto di analisi, studi, riflessioni, ecc. Anche in questi ultimi tempi il tema lavoro è stato molto presente in discussioni, leggi, accordi, conflitti di vario genere.

In questa sede vorrei esaminare i vari aspetti del “lavoro umano”, le varie sfaccettature che si intravvedono, i problemi che pone e ricercare e proporre una probabile soluzione di questi ultimi.

I punti che toccheremo nella nostra analisi saranno i seguenti:
- Il valore del lavoro
- Il costo del lavoro
- La struttura del costo del lavoro, la ricerca scientifica e la disoccupazione
- Premesse per la ricerca di un equilibrio tra: valore del lavoro e costo del lavoro
- Ipotesi per il raggiungimento degli obiettivi suddetti, superando l’attuale sistema di “oneri contributivi”
- Nuove caratteristiche della “pensione”

La mia matrice di fondo è cattolica, per cui consentitemi di partire citando alcuni passaggi della “Laborem exercens” (la nota enciclica sul lavoro di Giovanni Paolo II).
In essa si possono trovare definizioni (sulle quali potremo concordare facilmente) e spunti per una approfondita riflessione sui diversi aspetti del problema lavoro.

venerdì 26 agosto 2011

Cosa chiedono i giovani

di Antonio De Angelis

Cosa chiedono le nuove generazioni, in sostanza, anche se non fanno domande esplicite, alla società, alle istituzioni, e implicitamente alle proprie famiglie? Possiamo, immaginarlo. Dopo esserci fatti un esame di coscienza ed esserci guardati allo specchio!
Poche cose:
- a tutti, più verità e meno ipocrisia; più lezioni di esempio e meno prediche vuote di senso;
- una classe politica degna di rispetto dentro e fuori del Paese per le cose che fa più che per quelle che promette;
- una scuola che funzioni ed apra le porte alla conoscenza e al lavoro;
- un lavoro non troppo a lungo nella precarietà e privo di diritti;
- un sistema previdenza senza sacche di privilegio e realmente equo e solidale;
- politiche pubbliche che consentano alle nuove generazioni, pari condizioni di partenza e pari opportunità.

Tutte cose che del resto sono tra i principi fondamentali della nostra Costituzione.
Quali ostacoli si frappongono a un patto intergenerazionale che si basi su tali principi?
L’ostacolo maggiore è, forse, ciò che il grande Luchino Visconti ha cercato di spiegare in alcuni suoi film: l’incomunicabilità che, tra padri e figli nel mondo di oggi, pone gli uni e gli altri, spesso in solitudine, di fronte a scelte continue tra mille opzioni e persino a drammatici dilemmi.
Ma c’è anche la questione di quale sia la verità e di chi abbia torto e chi ragione nel dibattito, sempre che vi sia, tra padri e figli: qui ci può soccorrere un altro famoso regista, il giapponese Kurosaka con il suo Rashōmon. Ci spiega come la verità può essere, o apparire diversa, a seconda del punto di vista e da chi la guarda.
Nel nostro caso, l’assunto di partenza tra “padri” e “figli”, tra “giovani “ e “anziani”, potrebbe essere nell’antico detto: “Sono stato quello che tu sei, ora sono quello che tu sarai”...
E allora, perché non giocare a carte scoperte e chiarirsi una volta per tutte, permettendo ai punti di incontro di venire allo scoperto e favorire la comprensione dei reciproci punti di vista e quindi pervenire a una intesa?
Se vi è un modo, è certamente quello del confronto ciò che serve e può aiutare.

mercoledì 24 agosto 2011

L'azione sociale del sindacato verso i lavoratori "scoraggiati" e come si può salvare questo Paese?

di Floriano Roncarati
Collaboratore a diverse testate giornalistiche, è componente dell’Ufficio Stampa della FID; conduce dagli Studi dell’emittente “Ciao Radio” di Bologna la trasmissione sportiva “Fari puntati su…” e cura una rubrica di motorismo, è membro dell’”Osservatorio regionale sull’associazionismo di promozione sociale” della Regione Emilia – Romagna ed è componente della “Lega Pensionati Cisl San Vitale – Bologna”

La Banca d’Italia nella serie “Economie regionali”, ha diffuso uno studio su “L'economia delle regioni italiane” che si apre con l'analisi della evoluzione territoriale, nell'anno 2009 e nei primi mesi del 2010, dell'attività produttiva, del mercato del lavoro, degli aggregati creditizi e della finanza pubblica decentrata. Il dossier n. 85 del luglio 2010 ha la finalità di presentare studi e documentazione sugli aspetti territoriali dell’economia italiana; dall’approfondimento emerge che la recessione ha coinvolto tutti i settori e le aree geografiche...
Un fenomeno che acquista un rilievo sempre maggiore è quello degli “scoraggiati” che per la maggior parte sono persone che non hanno cercato lavoro in quanto ritengono che la situazione economica corrente renda per loro improbabile trovarlo. È frequente che nei periodi di avversa congiuntura economica, si rilevi una contrazione della forza lavoro, dovuta in parte all’aumento del numero di lavoratori “scoraggiati”.
Il problema dell’economia italiana, non è mai superfluo ricordarlo, è la difficoltà strutturale a crescere. Il compito, difficile, della politica economica è cambiare questo stato di cose riducendo al tempo stesso l’incidenza del debito pubblico sul prodotto.
Nell’anno del 150° dell’Unità d’Italia prendiamo atto che nel mondo le condizioni sono profondamente cambiate, ma rimane intatta l’esigenza per il nostro paese di avere una classe politica, imprenditoriale, sindacale, sociale, integerrima che sappia mettere il “bene comune” al primo posto.
Altrimenti questo paese non si salva….
È moralismo?

martedì 23 agosto 2011

Chi ha tradito l'Italia e gli italiani

Storia non conclusa della Repubblica
di Nino Galloni
economista, attualmente sindaco effettivo dell'INPS,
direttore generale del Ministero del Lavoro,
docente e ricercatore in varie Università tra cui Berkeley (CA),
autore di numerosi libri e articoli.


PRE-PRINT PARZIALE E PROVVISORIO DEL 23-06-2011
BOZZA PROVVISORIA!
SONO GRADITI COMMENTI E CRITICHE!


SOMMARIO

Premessa

Capitolo 1: DAL 1946 AL 1962
Le svolte del 1947 e l’impostazione degasperiana
Le partecipazioni statali
Dall’omicidio di Mattei ai prodromi del centro-sinistra

Capitolo 2: GLI ANNI SESSANTA E SETTANTA
L’Italia ha un ruolo nello scacchiere internazionale
Fiducia negli affari, investimenti elevati e valore dei patrimoni
Piccole imprese e strane virtù della lira
Un Paese che va troppo bene: bisogna ammazzare qualcuno

Capitolo 3: DAL “DIVORZIO” TRA TESORO E BANCA D’ITALIA ALLA MESSA A REGIME DELLE PRIVATIZZAZIONI
La crisi della sovranità politica e la sterilizzazione dello sviluppo
La fine della sovranità monetaria come punizione della politica
Restrizioni del bilancio pubblico e svendita delle imprese partecipate
La riforma del mercato del lavoro e la negazione delle strategie per l’industria
Le ripercussioni sulle grandi reti infrastrutturali, la ricerca e l’innovazione applicata
Alti tassi di interesse, riconversioni e assistenzialismo
Trame oscure per l’impoverimento e l’indebolimento del Paese
La mancata attuazione della Costituzione e la sottrazione della politica all’elettorato

Capitolo 4: IL NUOVO MILLENNIO. DOPO LA FINE DELLA GLOBALIZZAZIONE, IL NULLA?
Le conseguenze delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni sulla Vita di tutti
E’ arrivato il nuovo feudalesimo... sarà per sempre?
Riforme fiscali, economia sommersa, usura
E’ possibile una necessaria riforma previdenziale?
Separare la speculazione finanziaria dal credito all’economia
Una rivisitazione della politica economica per gestire in modo diverso la convergenza europea e la cooperazione tra tutte le realtà mediterranee

Dalla PREMESSA
Scopo di questa ricerca è tentare di valutare la ragioni e le conseguenze delle principali scelte di politica economica successive al referendum istituzionale (1946) e fino ai giorni d’oggi; per capire se gli obiettivi della classe dirigente siano sempre stati ispirati al bene comune degli Italiani – seppure a fronte di compromessi interni ed internazionali anche importanti – ovvero abbiano nascosto l’intento di indebolire e depredare il Paese.
Tuttavia, a differenza di altre ricerche, si partirà da considerazioni che riguardano il presente (e, quindi, l’immediato futuro), per poi approfondire gli antefatti nazionali ed il tema del definirsi delle responsabilità politiche.

lunedì 15 agosto 2011

Le libertà solidali nel nostro tempo

di Giuseppe Amari

Il sistema in cui viviamo
È nota la denuncia di Keynes che il capitalismo, o meglio il “sistema in cui viviamo” – un termine da lui preferito per non entrare in difficili definizioni di un sistema economico così in rapida evoluzione –, fallisce nell’assicurare la piena occupazione e nell’evitare una distribuzione iniqua ed arbitraria del reddito e della ricchezza. Un sistema intrinsecamente instabile e spesso ristagnante in “equilibrio di sottoccupazione” (Roncaglia). Di qui la necessità di attuare politiche economiche e sociali anticongiunturali, di sviluppo e politiche attive per la piena occupazione. In particolare prevedeva una parziale socializzazione degli investimenti che era la componente più instabile della domanda aggregata, dipendendo dalle incerte aspettative degli imprenditori. Incertezza che, a differenza del rischio, non è trattabile con gli strumenti probabilistici, e che è stata considerata il suo contributo forse più originale. A livello internazionale, si batté per una vera collaborazione tra paesi, nel commercio, nei movimenti di capitale e nei cambi, collaborando alla fondazione degli organismi internazionali come il FMI e la Banca mondiale che poi nel tempo, purtroppo, deviarono dai loro originari compiti diventando strumento degli interessi della potenza economica egemone.

Accadde in Italia
In Italia, la preminenza di economisti liberali e soprattutto l’estromissione, avvenuta presto e per cause nazionali e soprattutto internazionali, delle sinistre dal governo del Paese insieme all’isolamento dei cattolici più progressisti, impedì che la Ricostruzione avvenisse secondo l’ispirazione keynesiana, allora prevalente in Europa e in America. Disattesi, furono anche gli stessi orientamenti espressi dalla Commissione economica per la Costituente, di cui non si volle il proseguimento dei lavori come organo tecnico a supporto dell’opera ricostruttiva.

Globalizzazione e riformismo
Gli ultimi decenni, infine, hanno visto una forte accentuazione neoliberista spinta della globalizzazione, di “questa” globalizzazione. Globalizzazione che ha cooptato in larga parte anche i partiti progressisti.
Sul piano culturale, innanzitutto, con la cosiddetta “terza via”, abbandonata poi, dopo la recente crisi e con “insostenibile leggerezza”, dal suo ideatore Anthony Giddens e di cui si parla dopo. Tanto più ingiustificabile in Italia che ha avuto ben più consistenti tradizioni culturali, come quelle del liberalsocialismo di Guido Calogero e Norberto Bobbio. Che è poi il riferimento della più recente filosofia delle “capabilities” di A. K. Sen e di Martha Nussbaum.

Per una riconquistata socialità
È emersa, ancora una volta, l’inadeguatezza dell’Europa di fronte a tali cambiamenti epocali e che stenta a trovare una comune ragione popolare. Più che di una migliore “governance” avrebbe bisogno di un nuovo spirito costituente che affrontasse le fratture sociali e un mercato del lavoro in cui cresce la disoccupazione permanente e le cui condizioni del lavoro tendono sempre di più a quelle del vecchio bracciantato. Anche riguadagnando la lezione dei primi due premi Nobel, J. Tinbergen e di R. Frisch che, in un quadro di programmazione democratica, dimostrarono la necessità di disporre di più strumenti per raggiungere più obiettivi. Pena la riduzione degli obiettivi, magari al solo contenimento dell’inflazione, o cadere nella critica di N. Kaldor, qualora si pretenda di raggiungere più obiettivi con troppo pochi strumenti, magari solo con quello monetario.

L’economia civile
Nell’attuale contesto e alla luce delle considerazioni fatte sembra di poter dire che si senta la necessità di riguadagnare spazio (e onore) all’intervento e al lavoro pubblico (dopo la “privatizzazione del mondo” alla quale si possono ben fare risalire molte delle cause della maggiore instabilità e della recente crisi) e di darne uno ancora maggiore all’economia sociale, cooperativa e al volontariato, in uno con la crescita della società civile. Con una visione però che non veda lo Stato in veste “residuale” come l’intende la concezione prevalente, ma a nostro avviso errato, della sussidiarietà “verticale”. Allo Stato democratico e alle sue istituzioni locali spetta la responsabilità principale di garantire alcuni servizi ritenuti essenziali per la comunità intera come la sanità, l’istruzione, la previdenza, il governo del territorio, la cui gestione non si presta alla logica capitalistica del massimo profitto.

venerdì 12 agosto 2011

Una crisi spirituale di sistema

di Luciano Nicastro - Filosofo e sociologo
Professore di Filosofia della Religione - Facoltà Teologica di Sicilia a Palermo

Capitolo 1 di “I diritti sociali dei migranti nella Caritas in Veritate”

Il primo capitale è l’uomo
Papa Benedetto XVI


1.1 - Le sfide globali e locali
Negli ultimi venti anni il mondo è cambiato profondamente e velocemente. Le dinamiche sociali ed economiche, politiche e tecniche, culturali e religiose sono cambiate. Deve cambiare anche la strategia di fronte ad uno scenario così mutato, soprattutto a livello etico, politico e pastorale. Il mito dell’autorealizzazione solitaria dell’individuo “faber fortunae suae” è entrato in crisi e con esso la principale categoria del pensiero moderno. Non è possibile per l’individuo realizzarsi in solitudine senza asservire l’altro o essere asservito. La relazionalità è una necessità di fatto e di vocazione umana. La relazione di reciprocità e di aiuto è diventata una necessità morale, sociale ed esistenziale per la stessa salute umana individuale e sociale e non deriva solo da una intersoggettività consapevole e oblativa, ma anche da una dialettica di fraternità come espressione di una comune filosofia spirituale e di un’etica del dono reciproco. La stessa globalizzazione ha messo in evidenza un quadro di fenomeni che intercettano direttamente la questione antropologica come questione di senso finale di ogni agire umano e la questione teologica come ragione di senso primo e ultimo dell’esistenza e della stessa economia politica.

1.2 - Ogni migrante è una persona umana
Se le migrazioni sono un fenomeno epocale e globale (par. 62) e se “Ogni migrante è una persona umana!” (p. 104 della C. in V.), la violazione della dignità del lavoro umano (par. 63) va perseguita con una nuova legalità inclusiva e non razzista. Contraria a questo principio di civiltà giuridica, umana e cristiana, è l’invenzione assurda e contraddittoria del reato di clandestinità nel nostro Paese. L’immigrazione “povera” o “necessitata”, ipso facto, non esistendo canali regolari, non può essere che clandestina sia per motivi economici che burocratici che culturali. Si nasce poveri, si diventa clandestini.

1.3 - Addio Abdoul, piccola vedetta “italiana”
L’immigrato povero viene da noi e diventa per ciò stesso clandestino e da straniero un nemico da respingere. L’immigrato regolare viene emarginato e non integrato, ghettizzato e lacerato nella sua identità e dignità. È emblematico il caso drammatico di Abdul. La via dell’integrazione degli immigrati italiani ha ora anche i suoi Martiri e non solo le sue croci. È stato ammazzato a sprangate a Milano, capitale economica di Italia, per un pacco di biscotti, sottratti ad un negozio vicino alla stazione centrale, un giovane di 19 anni che sognava un’Italia multiculturale in cui vivere bene e in pace...
Ci vuole un salto di qualità, una inversione di marcia e di stile nella politica governativa sulla sicurezza. Ci vuole maggiore sobrietà e incisività “silenziosa”: meno clamore mediatico e più azione in profondità utilizzando l’associazionismo democratico di tipo civile e sindacale. Gli immigrati devono avere la chiara percezione che lo Stato democratico è ormai dalla loro parte anche se sono clandestini perché non sono per ciò stesso manovalanza della criminalità.

mercoledì 10 agosto 2011

Verso un nuovo patto generazionale?

di Giovanna Leone
Docente universitaria di psicologia sociale

L’attuale situazione di crisi economica e la grave incertezza nel futuro che ad essa si collega costituiscono una cornice in cui il problema della transizione particolarmente lenta verso l’indipendenza sociale e psicologica adulta delle giovani generazioni italiane, già registrato in fasi meno drammatiche di difficoltà economica, si acuisce. Negli ultimi anni, forse anche a ragione delle più frequenti occasioni di contatto interculturale proprie dell’epoca storica che stiamo vivendo, la consapevolezza sociale diffusa di tale particolarità culturale italiana si è amplificata: ne è un esempio l’espressione, di certo infelice ma significativa, con cui un noto uomo politico ha polemicamente descritto i giovani adulti italiani, definendoli dei “bamboccioni”. Le brevi note che seguono vogliono offrire alcune considerazioni sugli aspetti psico-sociali di questo complesso problema – che evidentemente può essere compreso solo tramite un serrato confronto tra ragioni di tipo storico, economico, psico-sociale e culturale.
L’aspetto che credo sia cruciale nella riflessione psico-sociale italiana attuale sul tema è l’evidenziazione della necessità di leggere questa situazione non solo e non tanto nei termini di un disagio psicologico individuale, ma anche e soprattutto nella cornice più complessa dell’equilibrio tra le generazioni. In questa linea di ricerca psico-sociale, a mio avviso molto interessante e innovativa, la lentezza nell’acquisizione dell’autonomia adulta che distingue la situazione dei giovani italiani – e più in generale di tutti i giovani mediterranei – viene interpretata infatti come una difficoltà nell’equilibrio intergenerazionale, caratteristica di questi contesti culturali (cfr. Scabini & Iafrate, 2003).
Tre sono gli aspetti centrali di questa lettura delle dimensioni psico-sociali di quella che viene definita come “transizione mediterranea” alla adultità.
Il primo riguarda i modelli teorici che descrivono il ciclo di vita familiare e sociale, che porta ad introdurre nuovi adulti nel contesto sociale.
Il secondo riguarda i rapporti tra transizione familiare e transizione sociale, e quindi l’equilibrio tra responsabilità familiari dirette e responsabilità sociali diffuse.
Il terzo, infine, riguarda gli aspetti ambivalenti o paradossali delle relazioni di aiuto, e in particolar modo la differenza tra lo scambio di aiuto orientato alla dipendenza e lo scambio di aiuto orientato all’autonomia (Nadler, 1997; 2002).

lunedì 8 agosto 2011

"Libri in Circolo" Martedì 9 Agosto Rimini


Il Circolo ACLI Società Libraria e l'Associazione Centro Studi Nuove Generazioni, invitano la cittadinanza,
Martedì 9 Agosto alle ore 21:00, presso la Sala degli Archi in Piazza Cavour a Rimini,
a scegliere insieme i libri da recensire, i brani che diventeranno musica e le poesie che vogliamo raccontarci,
in occasione della vendita dei libri scolastici che si terrà dal 1 al 7 settembre presso la Sala del Podestà, sempre in Piazza Cavour.

Di seguito, l'allegro invito di uno dei volontari:

O noi che giovane abbiamo il sangue
e lieti procediam pe' le vacanze,
di settembre assaporiam i briosi giorni
del nostro Mercatin del libro usato
che tanta compagnia ci sta già offrendo,
librandoci in letizia nell'aere di gran feste.
Bramiam noi le tue golose idee
che a deliziar van la nostra mente:
orsù, dona un brano d'affezione,
orsù di un bel libro la recensione,
con soavi righe, dai, lasciaci cullar...

Link al sito del Mercatino del Libro Usato

giovedì 4 agosto 2011

La Fiat da "prima industria italiana" a "principale azienda del nostro paese"

di Floriano Roncarati
Collaboratore a diverse testate giornalistiche, è componente dell’Ufficio Stampa della FID; conduce dagli Studi dell’emittente “Ciao Radio” di Bologna la trasmissione sportiva “Fari puntati su…” e cura una rubrica di motorismo, è membro dell’”Osservatorio regionale sull’associazionismo di promozione sociale” della Regione Emilia – Romagna ed è componente della “Lega Pensionati Cisl San Vitale – Bologna”

Al “XXXI Meeting per l’amicizia fra i popoli” di Rimini si è svolto l’incontro con Sergio Marchionne che aveva come tema “Saper scegliere la strada”. Riporto le mie riflessioni da testimone di un incontro convinto che ha rappresentato un episodio storico per il futuro dell’industria italiana e per il movimento dei lavoratori del nostro paese. Illustro le impressioni come hanno fatto tanti commentatori, traendone conclusioni diverse soprattutto in funzione degli “schieramenti militati”; comunque per testimoniare l’importanza dell’evento è sufficiente esaminare le prime pagine dei quotidiani del giorno successivo. Le affermazioni fatte dal numero uno della Fiat in terra di Romagna hanno letteralmente “inondato” le prime pagine dei giornali nazionali. La platea era gremita, tantissimi i giovani, parecchie le ragazze, accorsi ad ascoltare Sergio Marchionne; da Rimini è partito un messaggio che aveva come destinatario non solo il popolo del Meeting, ma l’intero paese.

All’indomani dell’incontro di Sergio Marchionne a Rimini riferivo “le mie riflessioni da testimone di un incontro convinto che ha rappresentato un episodio storico per il futuro dell’industria italiana e per il movimento dei lavoratori del nostro paese.” Sulla riviera romagnola l’Amministratore Delegato della multinazionale delineava un percorso che inizia ad avere attuazione: commentavo “La Fiat da “prima industria italiana” a “principale azienda del nostro paese””.

L’attuale assetto dell’aggregazione delle industrie fondata nel lontano 1910 verrà per forza di cose “ristrutturato” per adeguarsi alle mutate circostanze, riducendone in generale l’entità; la “riformulazione”, oltre a concernere i “numeri”, lo sarà soprattutto sul piano della “rappresentatività” e del “peso politico”. La creazione delle nuove realtà di Mirafiori e Pomigliano, fuori dal “sistema Confindustriale”, non rappresenta un fatto tecnico, ma squisitamente politico; questo determina inevitabilmente un nuovo corso delle relazioni industriali in Italia e pertanto deve riguardare anche le Istituzioni ed il Governo del nostro paese.

lunedì 1 agosto 2011

Referendum: il fattore CIC
(Corrida, Internet, Chiesa)

di Giulia Paola Di Nicola e Attilio Danese
Direttori di "Prospettiva persona"
da La Tenda n.6 - Giugno 2011


Il fattore CIC non è “Compagnia Italiana Costruttori”, ma la combinazione di tre aspetti che mi pare abbiamo deciso il risultato del referendum.
Innanzitutto si è visto in atto il metodo Corrida (C): agitare il drappo rosso davanti al toro per eccitarlo, ossia paventare alla gente un grande pericolo di democrazia e di sopravvivenza per ottenere l’effetto di individuare il nemico sicuro, con un volto e un nome, eliminato il quale, tramite referendum o in qualunque altro modo, ci si salverà. E ciò sorvolando sul contenuto in discussione. La politica populista si nutre di qualunquismi e contrapposizioni ideologiche che liberano dalla fatica di pensare e soppesare ciò che è meglio e orientano verso una opinione pubblica di massa. Il risultato è che non ci si confronta; si afferma o nega, si difende o si attacca.
Vi è stato poi il trionfo di Internet (I). Se gli studiosi hanno rilevato la centralità della radio per la vittoria del nazismo, oggi quello strumento appare desueto: il quarto potere manipolatore è ormai di internet e passa via cavo, surclassato dal rapporto interpersonale virtuale, dal passaparola, con cui puoi esprimere le tue forti convinzioni mettendoci la faccia. Lo si è constatato nel Nord Africa e il referendum l’ha confermato. L’altro del messaggio e mail non è la voce asettica e lontana della radio, ma l’amico di cui ti fidi, che ti consiglia di votare in un modo piuttosto che in un altro perché lui o lei lo fa con convinzione. Effetto trascinamento. Nei computer di casa sono arrivate decine e decine di messaggi in cui l’amico si confessa convintissimo e si raccomanda di votare come lui vota per il bene dell’Italia, naturalmente…
Il terso fattore è la Chiesa (C). Usarla a proprio piacimento è abitudine consolidata di chi raccoglie ciò che è comodo e scarta o sottace ciò che disturba nelle parole del Magistero. D’altro canto parlare sotto elezioni, dando indirette e chiaramente allusive indicazioni di voto, è pure un modo di entrare a gamba tesa nel dibattito. Si è tanto criticato il collateralismo, ritenendolo responsabile dei guasti di certa politica, ma è davvero meglio che parlino i vescovi piuttosto che – come un tempo – i laici direttamente implicati nella cosa pubblica? Dove sta la proclamata assunzione di responsabilità di laici che in prima persona dovrebbero mediare tra l’ispirazione della fede e il realismo della mediazione politica? Vescovi e cardinali eminenti, sulla base della divisone bipolare degli schieramenti in cui confluiscono i cattolici di destra o di sinistra, hanno finito col preferire di strizzare l’occhio direttamente agli elettori e la tanto proclamata titolarità dei laici raccomandata insistentemente dal Magistero è stata surclassata. Tant’é.
A tutti noi restano i problemi dell’Italia. Passato il fattore CIC, si potrà finalmente discutere seriamente e pacatamente, calcolando e ponderando investimenti e guadagni, per vedere se convenga di più al Paese una cosa o l’altra? Lo speriamo giacché… non è mai troppo tardi.