di Andrea Segré
Estratti dal Capitolo 1 di Last Minute Market - Ed. Pendragon
Dalla microstoria ai microcosmi: il nuovo mondo
Questo “mondo nuovo” è ciò che, inaspettatamente, si dischiude da un progetto dall’inusuale dizione anglosassone, Last Minute Market, in apparenza così semplice da sembrare banale: la scoperta dell’acqua calda. Recuperare ciò che è ancora utile e donarlo a chi ha bisogno. Meno sprechi, meno rifiuti, meno inquinamento, più sostenibilità, più cibo, più salute, più risparmi, più investimenti, più solidarietà. L’uovo di Colombo, l’acqua calda appunto: con l’unico merito reale di averla resa tiepida in modo da potersi lavare le mani senza scottarsi. Questo è, in fondo, il Last Minute Market.
Ma qual è dunque questo mondo nuovo? Un mondo che prende un termine negativo, lo spreco, caratteristica allarmante della nostra società anoressica e bulimica, lo scompone nei segni: –spr e +eco e lo uguaglia – è pur sempre un’equazione – alle formule per una società sufficiente, una società dove “abbastanza non è mai troppo” e dove “più non è uguale a meglio”.
Meno spreco più ecologia uguale sufficienza. Dobbiamo sprecare di meno, un imperativo etico: lo spreco è dappertutto, siamo circondati. Eliminarlo è impossibile, ridurlo si può. Soprattutto non dobbiamo alimentarlo. Ma dobbiamo anche arrivare a una nuova razionalità ecologica cercando l’abbastanza quando ancora il troppo sarebbe (è) possibile. Raggiungere cioè la sufficienza, un principio intuitivo oltre che razionale dal punto di vista personale, organizzativo ed ecologico appunto.
E, dati i nuovi limiti ecologici globali, pure etico e, se applicato ovunque, anche equo. Ma non basta. Quella goccia di acqua tiepida deve espandersi e diventare torrente, fiume, mare, oceano. E non basterà ancora. Bisogna andare oltre, avanti. E cioè: per arrivare a un mondo nuovo o forse più semplicemente alla fine (naturale) del mondo oltre al principio della sufficienza le parole d’ordine, i nostri pensieri, le nostre azioni, dovranno essere: leggere, trasparenti, intelligenti.
Una società sufficiente, un’economia leggera e trasparente, un’ecologia intelligente. Così sarà, dovrà essere, il mondo nuovo, se veramente vogliamo – e noi lo vogliamo – che la festa che è la nostra vita continui.
Più è meglio, meno ma buono, meno con meno: le nuove formule
Eppure dentro la quantità delle cose, purché non troppo ridotta (sufficiente), bisognerebbe discutere anche delle qualità, delle scelte, dei bisogni. E degli impatti: economici, ambientali, nutrizionali, salutari. Un esempio classico, seppure come caso di studio, riguarda la filiera agroalimentare, dal campo alla tavola con tutto ciò che ci sta in mezzo. Per un consumatore, diciamo di Bologna, è meglio acquistare 1 kg di pomodori di Pechino per 1 euro oppure 1 kg di pomodori di Pachino per 2 euro?
La risposta, e non vale solo per il consumo di prodotti alimentari biologici, sta nel trovare un nuovo equilibrio fra quantità e qualità che andiamo ad acquistare e un nuovo rapporto che consideri anche gli impatti del nostro acquisto su noi stessi, la nostra economia, la nostra salute e sul nostro ambiente.
Il punto di arrivo, la formula, si trova nella “società sufficiente” dove – ripetiamolo ancora - “più non è uguale a meglio” e “abbastanza non è mai troppo”. È proprio una “logica” che riduce intanto la propensione allo spreco che contraddistingue l’attuale modello di consumo non solo occidentale. Insomma, un percorso che integra l’idea della decrescita e degli altri approcci che puntano a riscoprire i valori della sobrietà. Ma soprattutto la sufficienza, da concetto intuitivo, diventa principio di gestione delle risorse, limitate e non più scarse, e dunque da non sprecare: mai.
Dunque quantità e qualità. La prima va ridotta, la seconda mantenuta. Si spreca tanto, troppo. Si mangia male, troppo male. Entrano in gioco modelli culturali, stili di vita, compulsioni indotte dalla pubblicità che condizionano non solo il consumo alimentare: consumiamo per vivere o viviamo per consumare? La moderazione, la sobrietà, la semplicità volontaria, la frugalità, il neoascetismo insomma rimangono possibili scelte individuali di comportamento, pur se straordinariamente valide dal punto di vista culturale sono irrilevanti o per meglio dire insufficienti rispetto al contesto attuale. Così come la dimensione dei gruppi d’acquisto o della vendita diretta, che assai difficilmente potranno ribaltare le tendenze in atto nella grande distribuzione, può incidere solo parzialmente sulle dinamiche in corso. Abbiamo bisogno, insomma, di ribaltare le dinamiche dei consumi intervenendo sui grandi numeri, sui consumatori, sui mercati, sulle istituzioni a partire dai luoghi in cui avviene il consumo (e lo spreco) di massa.
Bisogna cercare la sostenibilità dei processi, oltre che dei prodotti, per affermare una logica nuova, quella della sufficienza, che sia in grado di intervenire nel concreto nei modelli di consumo riducendo a monte lo spreco delle risorse. Indirizzando sia chi produce, sia chi distribuisce, sia chi acquista verso un modello che faccia della quantità una funzione della qualità.
Però non si possono condannare i consumi con lo scopo di convincere le persone a consumare meno.
Fare (veramente) meno con meno: verso l’intelligenza ecologica
Eppure bisognerà anche rendersi conto di quale dazio il pianeta paga quotidianamente come conseguenza dei nostri stili di vita, quali sono i costi per la nostra salute e per l’ambiente. In effetti è ormai ora di cominciare ad affrontare la realtà e provare a cambiare in qualche modo i nostri stili di vita, portando delle correzioni anche minime ai nostri consumi: non moriremo mica se abbassiamo il riscaldamento e indossiamo un maglione in più, come diceva Jimmy Carter ai tempi dello shock petrolifero. L’efficienza è una droga miracolosa, l’eco-efficienza è una strada affascinante e promettente, ma il risparmio è ancora meglio e soprattutto è immediato.
Fare di più con meno è sicuramente un ottimo punto di partenza. Tuttavia per arrivare agli obiettivi di emissioni che avrebbe voluto regalarci il vertice di Copenhagen del 2009, bisognerà sicuramente non sprecare e risparmiare molto: fare di meno con meno. Ecco la nuova formula. Che implica innanzitutto intelligenza, e poi ci vuole leggerezza e trasparenza.
È a questo punto allora che subentrano la creatività e l’intelligenza ecologica, ovvero saper creare soluzioni ecologiche intelligenti che puntino sulle soluzioni e non solamente sulle retoriche politiche di cambiamento. La riduzione della mancanza di sostenibilità non crea sostenibilità: occorre mettere in discussione la mentalità del consumatore nel suo complesso, ovvero dice ancora Anthony Giddens, dobbiamo considerare la possibilità che alcuni stili di vita tradizionali debbano servire a mostrare una strada alternativa, e intelligente, in nome di una società sufficiente.
Fate quel che facciamo
Il problema ambientale, ma non solo quello, richiede una prospettiva interdisciplinare che abbracci le scienze naturali e le scienze sociali, che riduca la frammentazione dei saperi mettendoli in dialogo costante; che abbia un approccio storico e transculturale: è necessaria dunque una nuova sapienza.
Il termine sufficienza indica un concetto semplice e intuitivo: come esiste una quantità ottima di consumo di un bene, superata quella quantità, il consumo del bene in questione diventa eccessivo. Diventa principio perché è necessaria una struttura che permetta di riconoscere in ogni contesto quando abbastanza diventa troppo. Mentre per alcuni atti (mangiare troppo) bastano percezioni fisiche soggettive, per poter applicare l’idea in modo più ampio e per regolare situazioni in cui individui o collettività rischiano di compromettere il benessere nel lungo periodo – benessere proprio in senso stretto, ma anche l’ambiente circostante – diventa necessario creare una regola generale.
Leggerezza e trasparenza: per una nuova e-co-scienza
Nelle nostre “vite di corsa” per salvare noi e gli altri dalla “tirannia dell’effimero”9 oltre all’intelligenza ecologica per convincerci a cambiare i nostri stili di vita e renderli sufficienti abbiamo bisogno di altre due “cose”: leggerezza e trasparenza. Un’eco-logia-nomia leggera e trasparente.
Non a caso con sempre più frequenza in questi giorni stiamo leggendo e parlando di “trasparenza”, concetto che sta assumendo sempre di più, forse in maniera un po’ ossessiva, ma forse utile, una centralità in ogni discorso. Viene proclamata con enfasi per l’economia, per le amministrazioni, per le carriere, per l’accesso ai servizi di welfare, per lo spreco, per i comportamenti legali, addirittura per l'accesso ai voli aerei bisogna che anche i nostri corpi diventino “trasparenti”. Un esempio di trasparenza è ancora il Last Minute Market che funziona applicando una strategia win-win: tutti gli stakeholders guadagnano, direttamente o indirettamente qualcosa.
Soprattutto la trasparenza nell’informazione è importante perché i consumatori sono molto attenti La capacità di competere, risolvere problemi, innovare, raccogliere sfide e raggiungere obiettivi, essere ecologicamente intelligenti, è proporzionata alla capacità di informare le persone (al momento giusto e per il giusto motivo), come sta accadendo adesso con le questioni riguardanti lo spreco e gli stili di vita. La trasparenza (anche quella ecologica) è sempre frutto di una scelta, e solo se tale è consapevole e duratura: comunicare le cifre dello spreco o di quanto costa smaltire il cibo che buttiamo vuol dire cominciare a cambiare la rotta e forse stile di vita.
Allora per questo mondo nuovo abbiamo bisogno anche di una nuova scienza, l’ecoscienza, anzi un eco- scienza: una casa, un ambiente della scienza e della ragione che si ponga la coscienza del limite, della responsabilità e della consapevolezza. Last Minute Market, nel suo piccolo ci dimostra che si può fare.
Estratti dal Capitolo 1 di Last Minute Market - Ed. Pendragon
Dalla microstoria ai microcosmi: il nuovo mondo
Questo “mondo nuovo” è ciò che, inaspettatamente, si dischiude da un progetto dall’inusuale dizione anglosassone, Last Minute Market, in apparenza così semplice da sembrare banale: la scoperta dell’acqua calda. Recuperare ciò che è ancora utile e donarlo a chi ha bisogno. Meno sprechi, meno rifiuti, meno inquinamento, più sostenibilità, più cibo, più salute, più risparmi, più investimenti, più solidarietà. L’uovo di Colombo, l’acqua calda appunto: con l’unico merito reale di averla resa tiepida in modo da potersi lavare le mani senza scottarsi. Questo è, in fondo, il Last Minute Market.
Ma qual è dunque questo mondo nuovo? Un mondo che prende un termine negativo, lo spreco, caratteristica allarmante della nostra società anoressica e bulimica, lo scompone nei segni: –spr e +eco e lo uguaglia – è pur sempre un’equazione – alle formule per una società sufficiente, una società dove “abbastanza non è mai troppo” e dove “più non è uguale a meglio”.
Meno spreco più ecologia uguale sufficienza. Dobbiamo sprecare di meno, un imperativo etico: lo spreco è dappertutto, siamo circondati. Eliminarlo è impossibile, ridurlo si può. Soprattutto non dobbiamo alimentarlo. Ma dobbiamo anche arrivare a una nuova razionalità ecologica cercando l’abbastanza quando ancora il troppo sarebbe (è) possibile. Raggiungere cioè la sufficienza, un principio intuitivo oltre che razionale dal punto di vista personale, organizzativo ed ecologico appunto.
E, dati i nuovi limiti ecologici globali, pure etico e, se applicato ovunque, anche equo. Ma non basta. Quella goccia di acqua tiepida deve espandersi e diventare torrente, fiume, mare, oceano. E non basterà ancora. Bisogna andare oltre, avanti. E cioè: per arrivare a un mondo nuovo o forse più semplicemente alla fine (naturale) del mondo oltre al principio della sufficienza le parole d’ordine, i nostri pensieri, le nostre azioni, dovranno essere: leggere, trasparenti, intelligenti.
Una società sufficiente, un’economia leggera e trasparente, un’ecologia intelligente. Così sarà, dovrà essere, il mondo nuovo, se veramente vogliamo – e noi lo vogliamo – che la festa che è la nostra vita continui.
Più è meglio, meno ma buono, meno con meno: le nuove formule
Eppure dentro la quantità delle cose, purché non troppo ridotta (sufficiente), bisognerebbe discutere anche delle qualità, delle scelte, dei bisogni. E degli impatti: economici, ambientali, nutrizionali, salutari. Un esempio classico, seppure come caso di studio, riguarda la filiera agroalimentare, dal campo alla tavola con tutto ciò che ci sta in mezzo. Per un consumatore, diciamo di Bologna, è meglio acquistare 1 kg di pomodori di Pechino per 1 euro oppure 1 kg di pomodori di Pachino per 2 euro?
La risposta, e non vale solo per il consumo di prodotti alimentari biologici, sta nel trovare un nuovo equilibrio fra quantità e qualità che andiamo ad acquistare e un nuovo rapporto che consideri anche gli impatti del nostro acquisto su noi stessi, la nostra economia, la nostra salute e sul nostro ambiente.
Il punto di arrivo, la formula, si trova nella “società sufficiente” dove – ripetiamolo ancora - “più non è uguale a meglio” e “abbastanza non è mai troppo”. È proprio una “logica” che riduce intanto la propensione allo spreco che contraddistingue l’attuale modello di consumo non solo occidentale. Insomma, un percorso che integra l’idea della decrescita e degli altri approcci che puntano a riscoprire i valori della sobrietà. Ma soprattutto la sufficienza, da concetto intuitivo, diventa principio di gestione delle risorse, limitate e non più scarse, e dunque da non sprecare: mai.
Dunque quantità e qualità. La prima va ridotta, la seconda mantenuta. Si spreca tanto, troppo. Si mangia male, troppo male. Entrano in gioco modelli culturali, stili di vita, compulsioni indotte dalla pubblicità che condizionano non solo il consumo alimentare: consumiamo per vivere o viviamo per consumare? La moderazione, la sobrietà, la semplicità volontaria, la frugalità, il neoascetismo insomma rimangono possibili scelte individuali di comportamento, pur se straordinariamente valide dal punto di vista culturale sono irrilevanti o per meglio dire insufficienti rispetto al contesto attuale. Così come la dimensione dei gruppi d’acquisto o della vendita diretta, che assai difficilmente potranno ribaltare le tendenze in atto nella grande distribuzione, può incidere solo parzialmente sulle dinamiche in corso. Abbiamo bisogno, insomma, di ribaltare le dinamiche dei consumi intervenendo sui grandi numeri, sui consumatori, sui mercati, sulle istituzioni a partire dai luoghi in cui avviene il consumo (e lo spreco) di massa.
Bisogna cercare la sostenibilità dei processi, oltre che dei prodotti, per affermare una logica nuova, quella della sufficienza, che sia in grado di intervenire nel concreto nei modelli di consumo riducendo a monte lo spreco delle risorse. Indirizzando sia chi produce, sia chi distribuisce, sia chi acquista verso un modello che faccia della quantità una funzione della qualità.
Però non si possono condannare i consumi con lo scopo di convincere le persone a consumare meno.
Fare (veramente) meno con meno: verso l’intelligenza ecologica
Eppure bisognerà anche rendersi conto di quale dazio il pianeta paga quotidianamente come conseguenza dei nostri stili di vita, quali sono i costi per la nostra salute e per l’ambiente. In effetti è ormai ora di cominciare ad affrontare la realtà e provare a cambiare in qualche modo i nostri stili di vita, portando delle correzioni anche minime ai nostri consumi: non moriremo mica se abbassiamo il riscaldamento e indossiamo un maglione in più, come diceva Jimmy Carter ai tempi dello shock petrolifero. L’efficienza è una droga miracolosa, l’eco-efficienza è una strada affascinante e promettente, ma il risparmio è ancora meglio e soprattutto è immediato.
Fare di più con meno è sicuramente un ottimo punto di partenza. Tuttavia per arrivare agli obiettivi di emissioni che avrebbe voluto regalarci il vertice di Copenhagen del 2009, bisognerà sicuramente non sprecare e risparmiare molto: fare di meno con meno. Ecco la nuova formula. Che implica innanzitutto intelligenza, e poi ci vuole leggerezza e trasparenza.
È a questo punto allora che subentrano la creatività e l’intelligenza ecologica, ovvero saper creare soluzioni ecologiche intelligenti che puntino sulle soluzioni e non solamente sulle retoriche politiche di cambiamento. La riduzione della mancanza di sostenibilità non crea sostenibilità: occorre mettere in discussione la mentalità del consumatore nel suo complesso, ovvero dice ancora Anthony Giddens, dobbiamo considerare la possibilità che alcuni stili di vita tradizionali debbano servire a mostrare una strada alternativa, e intelligente, in nome di una società sufficiente.
Fate quel che facciamo
Il problema ambientale, ma non solo quello, richiede una prospettiva interdisciplinare che abbracci le scienze naturali e le scienze sociali, che riduca la frammentazione dei saperi mettendoli in dialogo costante; che abbia un approccio storico e transculturale: è necessaria dunque una nuova sapienza.
Il termine sufficienza indica un concetto semplice e intuitivo: come esiste una quantità ottima di consumo di un bene, superata quella quantità, il consumo del bene in questione diventa eccessivo. Diventa principio perché è necessaria una struttura che permetta di riconoscere in ogni contesto quando abbastanza diventa troppo. Mentre per alcuni atti (mangiare troppo) bastano percezioni fisiche soggettive, per poter applicare l’idea in modo più ampio e per regolare situazioni in cui individui o collettività rischiano di compromettere il benessere nel lungo periodo – benessere proprio in senso stretto, ma anche l’ambiente circostante – diventa necessario creare una regola generale.
Leggerezza e trasparenza: per una nuova e-co-scienza
Nelle nostre “vite di corsa” per salvare noi e gli altri dalla “tirannia dell’effimero”9 oltre all’intelligenza ecologica per convincerci a cambiare i nostri stili di vita e renderli sufficienti abbiamo bisogno di altre due “cose”: leggerezza e trasparenza. Un’eco-logia-nomia leggera e trasparente.
Non a caso con sempre più frequenza in questi giorni stiamo leggendo e parlando di “trasparenza”, concetto che sta assumendo sempre di più, forse in maniera un po’ ossessiva, ma forse utile, una centralità in ogni discorso. Viene proclamata con enfasi per l’economia, per le amministrazioni, per le carriere, per l’accesso ai servizi di welfare, per lo spreco, per i comportamenti legali, addirittura per l'accesso ai voli aerei bisogna che anche i nostri corpi diventino “trasparenti”. Un esempio di trasparenza è ancora il Last Minute Market che funziona applicando una strategia win-win: tutti gli stakeholders guadagnano, direttamente o indirettamente qualcosa.
Soprattutto la trasparenza nell’informazione è importante perché i consumatori sono molto attenti La capacità di competere, risolvere problemi, innovare, raccogliere sfide e raggiungere obiettivi, essere ecologicamente intelligenti, è proporzionata alla capacità di informare le persone (al momento giusto e per il giusto motivo), come sta accadendo adesso con le questioni riguardanti lo spreco e gli stili di vita. La trasparenza (anche quella ecologica) è sempre frutto di una scelta, e solo se tale è consapevole e duratura: comunicare le cifre dello spreco o di quanto costa smaltire il cibo che buttiamo vuol dire cominciare a cambiare la rotta e forse stile di vita.
Allora per questo mondo nuovo abbiamo bisogno anche di una nuova scienza, l’ecoscienza, anzi un eco- scienza: una casa, un ambiente della scienza e della ragione che si ponga la coscienza del limite, della responsabilità e della consapevolezza. Last Minute Market, nel suo piccolo ci dimostra che si può fare.
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