mercoledì 30 novembre 2011

Bologna intitola una strada ad Evaristo Guizzardi
uomo del "sindacato libero"

di Floriano Roncarati
Collaboratore a diverse testate giornalistiche, è componente dell’Ufficio Stampa della FID; conduce dagli Studi dell’emittente “Ciao Radio” di Bologna la trasmissione sportiva “Fari puntati su…” e cura una rubrica di motorismo, è membro dell’“Osservatorio regionale sull’associazionismo di promozione sociale” della Regione Emilia – Romagna ed è componente della “Lega Pensionati Cisl San Vitale – Bologna”

Il 19 gennaio ricorreva il novantesimo anniversario dell’Appello ai “Liberi ed ai forti” di don Luigi Sturzo; una tappa fondamentale verso la formazione di un “partito politico di cattolici” nel nostro paese. I tempi sono profondamente cambiati, ma i valori di fondo dai quali “muoveva” il sacerdote siciliano e che si radicavano nella “Rerum novarum” sono un patrimonio da cui non può prescindere chiunque voglia intraprendere l’esperienza politica e la presenza nelle istituzioni. Ebbene l’intestazione ad Evaristo Guizzardi della strada dove ha vissuto con la famiglia a San Nicolò di Villola nel Quartiere san Donato di Bologna, prima di trasferirsi a San Donnino, è il riconoscimento non solo al ruolo di una persona che ha operato per il bene comune, che fu prima militante “popolare” e dopo aver partecipato alla Resistenza, fondatore della “Sezione DC Don Giovanni Minzoni” di San Donato e fra i fondatori della Polisportiva San Donnino, ma anche dell’azione positiva svolta dai cattolici democratici per il bene della nostra città.

Durante il periodo di attività clandestina Evaristo Guizzardi “collaborò con Angelo Salizzoni e Achille Ardigò, specialmente sui problemi concreti del lavoro e del sindacato”. Il distintivo dell’Azione Cattolica Italiana sempre presente al bavero della giacca e le tessere sindacali conservate dalla famiglia sono alcuni “segni” della vita del Cav. Evaristo Guizzardi in cui pensiero ed azione sociale erano vissuti alla luce della Dottrina sociale della Chiesa.

Biografia del Cav. EVARISTO GUIZZARDI
(28 gennaio 1902 – 26 marzo 1975)

Per il lavoro sociale e politico svolto al totale servizio degli altri e della comunità venne insignito da Giovanni Gronchi del titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana, onorificenza istituita con la Legge 3 marzo 1951, n. 178 destinata a “ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, della economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari.”

martedì 29 novembre 2011

Indignati

di Eugenio Caggiati
Associazione culturale "Il Borgo" di Parma


“Caro Eugenio, non per dire "te lo avevo detto", però quello che sta succedendo in Spagna con los indignatos è simile a quello che propone… il Movimento 5 stelle.
Quindi prepariamoci: lo tsunami sta arrivando. Chi lo capirà in tempo si salverà; gli altri, che parlano solo il politichese, spariranno come sono spariti i dinosauri. Destra, sinistra, è un linguaggio che non è più comprensibile: è come leggere i geroglifici; nessuno li capisce.
E' una strada senza ritorno, il popolo, quello vero, quello che da sempre ha cambiato le cose, è stufo e si è organizzato. Non è la prima volta e neppure l'ultima che quattro rappresentanti con le pezze nel sedere e quattro capitalisti mafiosi, vengono cacciati via.
Le rivoluzioni le fanno i popoli. Questa e una rivoluzione che possiamo vivere in diretta.
Ti suggerisco di monitorare la situazione in tempo reale perché sarà un cambio rapido e indolore.
Ciao.”

Ecco quanto mi scriveva, alcuni giorni or sono, un amico che si muove in alcuni paesi europei.
Per molti sono parole da bar…!
Amaramente, pur non condividendo certe espressioni né certi movimenti che non sanno distinguere le linee della storia né le curve del presente, ritengo di dover ammettere che la nostra classe politica attuale si salva in pochi personaggi. Il dramma dell’Italia di oggi, però, è che siamo in crisi tutti….; è in crisi la famiglia, la cultura di impresa, la scuola, ecc.
Partendo da una simile presa d’atto ci rendiamo conto che le reciproche accuse, che si sentono in continuazione, vanno riportate ad un clima diverso. Chi non è “bollito” deve superare schematismi beceri e vecchi per guardare al futuro di questo Paese che… sembra sulla via del baratro.
Diminuire, anche se in modo doloroso, il debito attuale, insopportabile per le future generazioni; cambiare la cultura civica sulle tasse, sull’ordine, sulla responsabilità, sul merito… sono percorsi obbligati.
La classe politica, per riprendere credibilità e per guidare con maggior senso unitario il Paese verso il futuro, deve fare la prima mossa abrogando da subito i molti privilegi che il potere si è dato in questi decenni, rendendo più snella ed operativa la governabilità dell’Italia, dando vita ad una riforma globale della nostra cultura e del nostro sistema con uno sforzo unitario. Altrimenti il percorso verso la deriva… non può avere sbocchi.
E in ogni cittadino si deve risvegliare quel senso di responsabilità che, mescolato con la tradizionale creatività, ha reso grande l’Italia del passato remoto e nel dopoguerra. Ancora, mi dice un amico che gira il nuovo mondo del business, l’Italia gode di grande stima… Possiamo riprenderci… Qualche miracolo nella storia lo abbiamo già fatto.

Da "Il Borgo News", Newsletter del Circolo culturale "Il Borgo" di Parma.

lunedì 28 novembre 2011

Volontariato, solidarietà: alcune problematiche e sfide

di Rocco D’Ambrosio
docente di Filosofia Politica e Responsabile della Didattica della Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana di Roma


a. i fondamenti biblici e magisteriali
Scrive Giovanni Paolo II nella Centesimus annus: “Sembra, infatti, che conosce meglio il bisogno e riesce meglio a soddisfarlo chi è ad esso più vicino e si fa prossimo al bisognoso. Si aggiunga che spesso un certo tipo di bisogni richiede una risposta che non sia solo materiale, ma che ne sappia cogliere la domanda umana più profonda. Si pensi anche alla condizione dei profughi, degli immigrati, degli anziani o dei malati ed a tutte le svariate forme che richiedono assistenza, come nel caso dei tossico-dipendenti: persone tutte che possono essere efficacemente aiutate solo da chi offre loro, oltre alle necessarie cure, un sostegno sinceramente fraterno. In questo campo la Chiesa, fedele al mandato di Cristo, suo Fondatore, è da sempre presente con le sue opere, per offrire all'uomo bisognoso un sostegno materiale che non lo umili e non lo riduca ad esser solo oggetto di assistenza, ma lo aiuti a uscire dalla precaria sua condizione, promovendone la dignità di persona. Con viva gratitudine a Dio bisogna segnalare che la carità operosa non si è mai spenta nella Chiesa ed anzi registra oggi un multiforme e confortante incremento. Al riguardo, merita speciale menzione il fenomeno del volontariato, che la Chiesa favorisce e promuove sollecitando tutti a collaborare per sostenerlo e incoraggiarlo nelle sue iniziative”.

b. il volontariato oggi
Alla luce di questi fondamenti biblici e magisteriali si può pienamente condividere la definizione di volontariato fornita da uno dei massimi esperti italiani: «Volontario è il cittadino che liberamente, non in esecuzione di speciali obblighi morali o doveri giuridici, ispira la sua vita – nel pubblico e nel privato – a fini di solidarietà. Pertanto, adempiuti i suoi doveri civili e di stato, si pone a disinteressata disposizione della comunità, promovendo una risposta creativa ai bisogni emergenti dal territorio con attenzione prioritaria per i poveri, gli emarginati, i senza potere. Egli impegna energia, capacità, tempo ed eventuali mezzi di cui dispone, in iniziative di condivisione realizzate preferibilmente attraverso l’azione di gruppo. Iniziative aperte ad una leale collaborazione con le pubbliche istituzioni e le forze sociali; condotte con adeguata preparazione specifica; attuate con continuità di interventi, destinati sia a servizi immediati che alla indispensabile rimozione delle cause di ingiustizia e di ogni oppressione della persona».

Pubblicato su www.cercasiunfine.it, aprile 2010.

domenica 27 novembre 2011

Genesi, sviluppi e crisi
del marxismo secondo Maritain

di Piero Viotto
già docente di pedagogia presso l’Università Cattolica di Milano e Membro del comitato scientifico dell’Institut International Jacques Maritain

Carissimi, non è precisamente esatto dire che viviamo in una età post’ideologica, perché le ideologie, che sono il veicolo del pensiero, quando questo si oggettivizza nella storia, persistono. anche se mascherate e male assimilate dai gruppi politici. Le ideologie liberali, personaliste, socialiste sono le radici profonde dei movimenti politici, anche se talune non sono più dominanti, Vi offro questa mia riflessione sulla “Nascita, sviluppo e crisi del marxismo” che ho scritto per l’Annuario 2011 del Liceo frequentato dai miei nipoti, lieto di avere le vostre osservazioni. Cordialità e amicizia.

Joseph Proudhon
Jacques Maritain (1882-1973) in gioventù è stato anarchico e socialista, da studente ha conosciuto Raïssa Oumançoff mentre faceva volantinaggio a favore dei socialisti russi perseguitati dallo Zar. Alla boutique dei “Cahiers de la Quinzaine” di Charles Pèguy (1873-1914) un poeta, che si muove tra cristianesimo e socialismo, di cui diventa un collaboratore, fa amicizia con Georges Sorel (1847-1922).
Frequenta l’“Ècole socialiste”, tiene conversazioni nelle “università popolari” scrive articoli su Jean-Pierre, un periodico per ragazzi di ispirazione socialista, fondato da Marcel Debré e da sua sorella Jeanne Maritain. L’incontro con il filosofo ebreo Henri Bergson (1859-1941), la conversione al cattolicesimo e la scoperta di san Tommaso mettono in crisi le convinzioni socialiste, gli fanno superare un ateismo radicale e l’anticlericalisno dei primi anni, ma non modificano le sue convinzioni circa le gravi ingiustizie sociali prodotte del capitalismo, di cui è responsabile la classe borghese. Un suo alunno Yves Simon (1903-1961) all’Institut Catholique di Parigi, poi suo collaboratore in Francia e in America, studia il pensiero di Joseph Proudhon, e trova qualche correlazione tra il pensiero del filosofo francese e san Tommaso a proposito del valore del lavoro e il senso sociale della proprietà. Insieme a Maritain firma il manifesto Per il bene comune (1934), con un doppio no, al fascismo e al comunismo. Maritain collabora con Emmanuel Mounier (1905-1950) alla fondazione della rivista Esprit, ma poi si allontana dal gruppo, perché il gruppo finisce per diventare un movimento politico, che si muove verso il socialismo.
Karl Marx e Friedrich Engels
Maritain in diverse opere studia il marxismo nella sua genesi, nella sua evoluzione nei diversi continenti attraverso i movimenti e i partiti che ad esso si ispirano, e titola Marx e la sua scuola un capitolo della sua Storia della filosofia morale. La sua analisi rileva come la filosofia di Marx dipenda da quella di Feuerbach per il suo ateismo e da quella di Engels per il suo materialismo dialettico, sottolinea come questa filosofia porti al primato della prassi, perché compito primario della conoscenza è la trasformazione della società. Maritain rileva l’incompatibilità tra la filosofia cristiana e la filosofia marxista, anche se vede nel comunismo, per il suo messianismo umanitario, l’ultima eresia cristiana. Queste analisi documentano come sia completamente falsa l’accusa rivolta a Maritain di essere un “marxista cristiano”.
La sua proposta di un Umanesimo integrale (1936) va oltre il liberalismo e il socialismo, perché pone al centro delle relazioni sociali la persona, non l’individuo o la società.

INDICE DEI PARAGRAFI
- Dal socialismo utopistico al socialismo scientifico
- Pierre Joseph Proudhon
- Ludvig Feuerbach e Friederich Engels
- Karl Marx e il materialismo
- Il primato della prassi
- Il rovesciamento dell’hegelismo e la riabilitazione della causalità materiale
- La società capitalistica, il plus valore e la lotta di classe
- L’antropologia dell’uomo collettivo
- La morale comunista
- Gli sviluppi del marxismo
- L’ultima eresia cristiana

Maritain al termine del Concilio Vaticano II in Il contadino della Garonna scrive: “in verità tutte le vestigia del santo impero sono oggi liquidate: siamo definitivamente usciti dall’età sacrale e da quella barocca; dopo sedici secoli, che sarebbe vergognoso calunniare o pretendere di ripudiare, ma che certamente hanno finito di morire e i cui gravi difetti non erano contestabili, una nuova era comincia in cui la Chiesa ci invita a comprendere meglio la bontà e l’umanità di Dio… ecco compiuto il grande rovesciamento in virtù del quale non sono più le cose umane che s’incaricano di difendere le cose divine, bensì queste che si offrono a difendere le cose umane (se queste non rifiutano l’aiuto offerto)” (XII, 671). la Caritas in veritate di Benedetto XVimo si muove in questa direzione, non chiede per la Chiesa l’aiuto della società civile per evangelizzare il mondo, ma offre alla società civile, nazionale e internazionale, il suo aiuto per rendere il mondo più umano. Questa attenzione significa che l’uomo non è in questo mondo solo per prepararsi alla vita eterna, per salvarsi l’anima, ma è al mondo per coltivarlo, per popolarlo; e si salva l’anima solo se si impegna a far crescere nella pace la società terrestre, se serve il suo prossimo, se promuove il progresso. non dobbiamo dimenticare che Gesù istituì l’eucarestia dopo la lavanda dei piedi e che nella storia dell’arte, fino a Leonardo, l’ultima cena era sempre affiancata alla lavanda dei piedi.


Sintesi: Nascita, crescita e crisi del marxismo secondo Jacques Maritain

sabato 26 novembre 2011

Un'impresa attenta al cambiamento:
quali trasformazioni e quali prospettive cogliere dalla crisi che ci ha colpito

Marco Livia, Direttore I.R.E.F. (Istituto di Ricerche Educative e Formative) e Coordinatore del Progetto Policoro della CEI

15 dicembre 2011 ore 21:00
presso la sala Cardijn GiOC (S.Agnese)
via Garibaldi 82 - Rimini



RACCONTI_AMO IL LAVORO
incontri di approfondimento promossi da:
Ufficio Diocesano per la Pastorale Sociale
MLAC – Movimento Lavoratori di Azione Cattolica
ACLI
Progetto Policoro
GIOC-CML
Associazioni Centro Studi Nuove Generazioni




venerdì 25 novembre 2011

I pensionati Cisl dell'Emilia-Romagna verso l'Assemblea organizzativa

di Floriano Roncarati
Collaboratore a diverse testate giornalistiche, è componente dell’Ufficio Stampa della FID; conduce dagli Studi dell’emittente “Ciao Radio” di Bologna la trasmissione sportiva “Fari puntati su…” e cura una rubrica di motorismo, è membro dell’“Osservatorio regionale sull’associazionismo di promozione sociale” della Regione Emilia – Romagna ed è componente della “Lega Pensionati Cisl San Vitale – Bologna”

I rapidi cambiamenti della nostra società incidono anche sulle condizioni sociali dei pensionati; ogni organizzazione collettiva è chiamata in causa se vuole recitare un ruolo significativo. Altrimenti si corre il rischio di rimanere ai margini del “grande fiume della storia”; in questa condizione quali situazioni nuove si trova ad affrontare ogni struttura sindacale?
Il Sindacato dei Pensionati della Cisl a tutti i livelli, dalle Leghe territoriali alle strutture nazionali, sta operando perché la crisi economica che stiamo attraversando possa trasformarsi da minaccia in opportunità. I dirigenti della Fnp dell'Emilia Romagna convocati a Salsomaggiore Terme, in provincia di Parma, per dibattere “In cammino per la nostra assemblea organizzativa”, dopo due giorni di confronto e di scambio di pareri, hanno formulato indicazioni che formeranno la base su cui continuare a dialogare nei futuri confronti.

La Fnp Cisl deve rappresentare e tutelare i diritti e rispondere ai bisogni del pensionato e della pensionata, del pensionato - anziano e di quello giovane con progetti, azioni ed iniziative specifiche; alla base di tutto, il concetto di rappresentanza, l'idea che l'Organizzazione deve prendersi cura dei propri soci attraverso la tutela dei diritti collettivi mediante la contrattazione sociale con Comuni, Provincia, Regione.
 Per difendere il valore delle pensioni, per contenere tasse e tariffe, per avere una sistema sanitario e socio-assistenziale di qualità con più presenza sul territorio. L’azione politica, sindacale e sociale non può prescindere dal territorio e quindi dalla "lega”, quale primo livello dell'organizzazione dei pensionati.


Alcune riflessioni per favorire un “welfare compartecipato”
Dopo la Conferenza nazionale sulla contrattazione della CISL
di Floriano Roncarati

Nella recente Conferenza nazionale sulla contrattazione la Cisl ha rilanciato la propria azione nella concertazione delle politiche di welfare, fiscali e tariffarie, i bilanci locali, della fiscalità, dei servizi e delle tariffe sociali, nella convinzione che sono proprio le soluzioni territoriali quelle più efficaci in termini di risultati. I “contesti territoriali” diventano sempre più importanti nell’attuazione del federalismo fiscale con un ruolo crescente del livello decentrato, con amministratori locali e Sindacati che dovranno assumersi la responsabilità di adottare soluzioni capaci di portare a sintesi esigenze espresse dalle comunità, nelle aspettative e nelle richieste.
Sicuramente il decentramento e la maggiore autonomia tributaria locale esaltano il ruolo del sindacato territoriale che è chiamato a recitare un ruolo di primo piano a favore dell’intera comunità locale. A livello territoriale si deve costruire un nuovo welfare locale, fattore essenziale di sviluppo per l’intero sistema sociale ed economico, con al centro le politiche per la famiglia, la strategia dell’integrazione socio - sanitaria, le politiche del lavoro e del diritto allo studio.

La Cisl cercherà di operare per un welfare compartecipato in cui siano protagonisti i corpi intermedi della società civile e siano attivi i soggetti privati, compreso il complesso degli istituti sociali sostenuti dalla contrattazione e dalla bilateralità. Questo vuole dire che il Sindacato punta a costruire nel territorio un sistema di alleanze con le varie forze sociali presenti, ma deve essere chiaro che il sistema deve mantenere in capo alle istituzioni la responsabilità di garantire promozione e protezione sociale. Nel documento relativo alle “linee guida” si afferma che è “indispensabile assumersi compiti e responsabilità definiti tra i diversi attori del sindacato, per poter agire in maniera sinergica e convergere su obiettivi comuni verificabili. E’ importante riconoscere chi sono nel territorio gli interlocutori istituzionali e gli altri attori sociali da coinvolgere nel processo.”

Ancora una volta il “messaggio CISL” che è uscito dall’Ergife Palace Hotel è per un Sindacato non autoreferenziale, orientato “verso un lavoro di squadra, di team”, protagonista della rappresentanza e della tutela, dell’azione comune su specifici progetti “da ricercare con le altre espressioni organizzate della società civile, l’associazionismo, il volontariato, il terzo settore”.

giovedì 24 novembre 2011

Lavoro e flessibilità dell'occupazione

Se il lavoro non è una merce...
Dalla conoscenza e dalla riflessione critica alla proposta

Seminari 2011-2012 dell'Istituto De Gasperi di Bologna

Tutti gli incontri si svolgeranno presso il Convento di San Domenico, Piazza San Domenico 13 - Bologna


Lunedì 5 dicembre 2011, ore 21
Il dibattito sul lavoro e i diritti sociali all'Assemblea Costituente: una lettura in chiave di attualità.
Presentazione del Corso di DOMENICO CELLA, Presidente dell’Istituto De Gasperi;
Prof. IGNAZIO MASULLI, docente di Storia del lavoro nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna.

Sabato 14 gennaio 2012, ore 9,30
I numeri della flessibilità in Italia e in Emilia Romagna
Prof. MICHELE LA ROSA, docente di Sociologia del lavoro nella Facoltà di Scienze Politiche di Bologna;
CARLO FONTANI, ricercatore IRES Emilia Romagna.

Sabato 21 gennaio 2012, ore 9,30
Le forme della flessibilità. Una lettura ragionata dei contratti di lavoro previsti dalla legislazione italiana
Prof. ANDREA LASSANDARI, docente di diritto del lavoro nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Bologna.

Sabato 4 febbraio 2012, ore 9,30
Le proposte in campo per una nuova legge sul lavoro in Italia
Dialogo tra prof. PIETRO VARESI, docente di Diritto del lavoro presso la Facoltà di Economia dell'Università Cattolica, sede di Piacenza,
e avv. prof. PIERGIOVANNI ALLEVA, docente di Diritto del Lavoro nell'Università politecnica delle Marche.

Sabato 18 febbraio 2012, ore 9,30
Una nuova legge sul lavoro in Italia: dalla riflessione critica alla responsabilità della proposta. Le sollecitazioni dell'Istituto De Gasperi di Bologna
Prof. MICHELE LA ROSA;
prof. LUCIANO GALLINO, sociologo del lavoro dell'Università di Torino.

Gentile amica e caro amico,
Le proponiamo un corso di incontri su Lavoro e flessibilità dell’occupazione. Se il lavoro non è una merce…, che inizierà lunedì 5 dicembre alle ore 21 a Bologna presso il Convento di San Domenico con una lettura in chiave di attualità del dibattito sul lavoro e i diritti sociali all'Assemblea Costituente, proposta dal prof. IGNAZIO MASULLI, docente di Storia del lavoro nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna.
Gli altri quattro incontri (sui “numeri” e sulle “forme” della flessibilità e sulle proposte sin qui formulate per una nuova legge del lavoro in Italia) si svolgeranno, secondo il programma che Le uniamo, nei mesi di gennaio e febbraio 2012. Tutti gli incontri si terranno a Bologna, presso il Convento di San Domenico in Piazza San Domenico 13.
Ai partecipanti proponiamo come spunto generale l’ormai classico volume del prof. Luciano Gallino (uno dei relatori ai Seminari) Il lavoro non è una merce, 2007, Editori Laterza, e particolarmente l’ultimo capitolo intitolato “contro la precarietà, una politica del lavoro globale”, che le trasmettiamo. Il volume, esemplare sotto moltissimi aspetti (a partire dallo scrupolo dell’analisi e dal rifiuto dei luoghi comuni), lo è anche sotto la modestia del prezzo (8 euro).
Ci piacerebbe moltissimo averLa con noi lungo l’intero percorso formativo immaginato. Le uniamo al riguardo la scheda di adesione. Può ritrasmettercela via mail ma può anche aderire chiamandoci al telefono. Le chiederemmo poi di segnalare l'iniziativa ad amici e conoscenti, specie ragazzi e ragazze.

Ci lasci dire in poche parole lo stato d’animo che ci ha spinto a questa iniziativa: sì, siamo molto preoccupati, il lavoro che è dato a tanti nostri concittadini con gli oltre 40 contratti atipici previsti dalla legge è, in gran parte, frammentato e banale e spesso reca “danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Questo lavoro non è “fondamento” della nostra vita democratica e non ha le qualità per concorrere alla crescita e allo sviluppo (al “progresso materiale e spirituale della società”), Occorrerebbe immaginare prospettive di rientro nel senso della sicurezza, altro che approfondire il solco delle tante flessibilità e precarietà.
Nei nostri Seminari, tuttavia, la parola sarà data in primo luogo alla informazione e alla conoscenza. Non si preoccupi di avere idee diverse dalle nostre, perché vogliamo conoscere le sue.
Sperando di incontrarla, le inviamo un cordiale saluto.
Domenico Cella - Presidente dell’Istituto
Piero Parisini - Vice Presidente
Gianluigi Chiaro - Responsabile dei Seminari

In Italia la legge mette a disposizione delle imprese oltre 40 tipi di contratti di lavoro “non standard”, difformi da quello ordinario a tempo indeterminato.
Nella grande maggioranza dei casi tutta questa varietà (“flessibilità dell’occupazione”) si traduce concretamente in prestazioni lavorative frammentarie, precarietà delle condizioni retributive, normative e di autotutela sindacale; con tutti gli annessi e connessi in termini di condizioni di vita delle persone.
Così milioni di lavoratori (giovani e meno giovani!) riescono a strappare con fatica un contratto di lavoro che, a ben vedere, arreca “danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”: il danno che l’art. 412 della Costituzione impone di voler scongiurare.
Migliori ammortizzatori sociali, qualche tutela in più sarebbero sicuramente utili per “ridurre il danno” della flessibilità dell’occupazione, ma non sarebbero sufficienti a realizzare quel concorso creativo, competente e responsabile “al progresso materiale e spirituale della società” che l’art. 42 Cost. attribuisce al lavoro di ogni cittadino abile, qualificandolo addirittura come un “dovere”.
Difficilmente, poi, un lavoro di questo tipo potrebbe costituire il fondamento di serie politiche di crescita e sviluppo.




Contro la precarietà, una politica del lavoro globale (Documento generale del Corso)
di Luciano Gallino 
sociologo del lavoro dell'Università di Torino

E’ l’enorme squilibrio tra le condizioni di lavoro nei paesi sviluppati e nei paesi in via di sviluppo a muovere la domanda ossessiva di lavoro flessibile, in una concorrenza senza fine verso il basso della scala della precarietà e dell’impoverimento. Le azioni possibili nelle istituzioni ed organizzazioni internazionali. Una nuova legge sul lavoro seriamente rispettosa della Costituzione.
(tratto da: Luciano Gallino, Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità, Editori Laterza 2007)

Non v’è dubbio che tentar di affrontare le cause della flessibilità del lavoro al posto di curare i suoi effetti, pur ammettendo che la seconda opzione sia meglio del restare inerti dinanzi alla precarietà delle vite che essa ingenera, è un compito tale da apparire, sulle prime, al di fuori della portata di qualsivoglia azione politica. Una volta riconosciuto che la flessibilità deriva in ultimo da un
immane processo economico globale che non esclude nessun paese, vien naturale chiedersi come possa un singolo governo, o Stato, cercare di contrastarla intervenendo sulle sue cause. Di certo siamo dinanzi a un impegno di lungo periodo, nulla meno di un compito storico che non si può affrontare redigendo diligentemente un elenco più o meno lungo di provvedimenti contro la precarietà del lavoro, da introdurre e spuntare poi di volta in volta nel corso del quinquennio che intercorre tra un’elezione e l’altra.
Nonostante tale difficoltà, se si prova ad approfondire un poco i termini della questione, essa non sembra così intrattabile come si suole presentarla. Al fine di accostarvisi con efficacia è opportuno scomporre la questione in due piani, quello internazionale e quello interno.



Documenti Corso
Se il lavoro non è una merce...
dall'Istituto De Gasperi di Bologna

La invitiamo al primo incontro del nostro Corso sul lavoro che si terrà a Bologna presso il Convento di San Domenico lunedì 5 dicembre alle ore 21.
Il prof. IGNAZIO MASULLI, docente di Storia del lavoro nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna, svolgerà un intervento su "Il dibattito sul lavoro e i diritti sociali all'Assemblea Costituente: una lettura in chiave di attualità". Nei prossimi giorni Le invieremo un Report dell'intervento.

Ora Le proponiamo la lettura dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970) e della bella relazione al Disegno di Legge del Ministro del Lavoro Giacomo Brodolini, l'artefice dello Statuto insieme al prof. Gino Giugni e all'on. Carlo Donat Cattin, che, dopo la scomparsa del ministro socialista, ne prese il posto e portò in porto il provvedimento. Lo Statuto è "l'anima bella" del diritto del lavoro italiano (si è detto che introdusse la Costituzione nelle fabbriche e nelle imprese). In parte modificato, ancor più aggirato, è oggetto di contrastanti interpretazioni. Una ha particolare attinenza al tema del nostro corso ("Flessibilità dell'occupazione"): lo Statuto sarebbe incompleto e insufficiente a fronteggiare la diversificazione dei lavori di questi ultimi quaranta anni e l'esplosione di quelli atipici, precari o semplicemente esternalizzati, nelle varie forme dell'impresa flessibile e globalizzata. Noi proporremmo di ribaltare il ragionamento, analizzando e giudicando questi nuovi lavori alla luce dei valori (se non delle tecniche di regolazione) impressi nello Statuto sulla scorta delle indicazioni costituzionali.

La Relazione al Disegno di Legge sullo Statuto dei Lavoratori
di Giacomo Brodolini
I precedenti del disegno di legge
I principi ispiratori
Della libertà e dignità dei lavoratori
Della libertà sindacale
Dell’attività sindacale
Disposizioni generali
Campo di applicazione della legge


Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento.
L. 20 maggio 1970, n. 300
Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 maggio 1970, n. 131

martedì 22 novembre 2011

Politiche di conciliazione

di Lorenza Rebuzzini
Ricercatrice del Cisf, Centro Internazionale Studi Famiglia e
Consulente progetti conciliazione famiglia e lavoro

Riceviamo e pubblichiamo questo articolo che è apparso nel mese di luglio su "Cronache e Opinioni".

Sappiamo che parlare di lavoro oggi in Italia non è facile, e forse può sembrare velleitario parlare di conciliazione lavoro-famiglia quando dovrebbero essere ben altri (disoccupazione, precarietà, bassi salari, lavoro nero) i temi e le emergenze da affrontare. Questa appena presentata è, tuttavia un'argomentazione fallace: il tema della conciliazione famiglia-lavoro intercetta in realtà molti dei nodi cruciali che oggi famiglie e aziende si trovano ad affrontare sul tema del lavoro, della sua organizzazione, di quali saranno gli sviluppi del lavoro nel futuro prossimo. In un recente documento (Aprile 2011) l'OCSE - Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico - compie un passaggio perfino ulteriore: le politiche di conciliazione famiglia-lavoro sono considerate uno strumento indispensabile delle politiche familiari, centrali non solo per il benessere delle famiglie, ma per la sostenibilità stessa del sistema economico e sociale europeo, messo in crisi sia dal calo demografico costante, sia dall'altrettanto costante invecchiamento della popolazione.

Proprio l'OCSE ha proposto una valutazione delle politiche familiari seguendo tra parametri: tasso di natalità, tasso di occupazione femminile, tasso di povertà infantile.
Tre parametri correlati tra loro: il lavoro delle donne sembra infatti costituire sia un fattore che sostiene la natalità (nei Paesi dove il tasso di occupazione è più alto, anche il tasso di natalità è maggiore) sia un fattore protettivo nei confronti della povertà infantile (quando due genitori lavorano è meno probabile che entrambi perdano il lavoro, entrando così in una spirale di povertà; inoltre anche le prime esperienze di microcredito dimostrano come il reddito delle madri costituisca fattore di protezione e possibilità di istruzione per i figli).

Lo sforzo culturale da compiere va dunque in una duplice direzione.
In primo luogo è necessario avviare politiche di conciliazione famiglia-lavoro (e non politiche per la parità di genere). Va cioè riconosciuto che i carichi di cura sono familiari, pertinenti cioè sia ai padri sia alle madri; anche se, sostanzialmente, per molteplici motivi, le donne continueranno ad assumersi la maggior parte del carico di cura familiare, riconoscere la famiglia come stakeholder delle politiche di conciliazione premette di considerare come prioritario il sistema di relazioni di cura familiare.
In secondo luogo l'implementazione di politiche aziendali di conciliazione famiglia ha un vasto impatto sulla cultura organizzativa e sulla gestione del personale.

La flessibilità contrattuale può diventare un reale strumento di conciliazione nel momento in cui implica anche fattualmente una flessibilità oraria e una libertà "logistica" che (in questo momento) i contratti di lavoro subordinato non permettono.

lunedì 21 novembre 2011

Le Generazioni, oggi

di Gilberto-Antonio Marselli
ordinario all'Università Federico II alla cattedra di sociologia,
svolge ancora attività per conto della società di sociologia.

Articolo pubblicato sulla rivista “Essere” numero 61 dell'ottobre 2011 del Centro Studi “Erich Fromm” di Napoli

In ogni periodo storico, ogni società, indipendentemente dal proprio grado di civiltà, si è dovuto porre il problema dell’ineliminabile staffetta tra individui di generazioni diverse per età, per esperienze, per prospettive ma anche per condizionamenti, pregiudizi e, soprattutto, per cause condizionanti esterne.
Se nella preistoria e, più recentemente, anche nelle società ancora prevalentemente tribali il passaggio del testimone avveniva secondo un rituale man mano stratificatosi nel tempo e sempre scrupolosamente verificatosi, in epoche più recenti lo scenario si è venuto trasformando radicalmente. Non raramente, anche dando luogo a veri e propri fenomeni sociali niente affatto trascurabili e verso i quali non sempre le doverose soluzioni politiche hanno dimostrato quella attenzione conoscitiva e quella capacità pratica di intervento che pur sarebbero state necessarie.
Per non riandare troppo indietro nel tempo, sarà sufficiente prendere le mosse da quanto ci ha consegnato la “seconda guerra mondiale” terminata nel 1945. L’aver coinvolto nella “guerra militare” e, ancor più, nella “guerriglia interna” – sia passiva, quando si era trattato di subire le conseguenze della prima, e sia attiva quando, direttamente o indirettamente, si è stati coinvolti dalla “resistenza” al regime ed all’oppressore – appartenenti a generazioni anagraficamente diverse, ha fatto sì che, per i più giovani, sia stato più facile crearsi il proprio spazio vitale. Spesso, pagando il caro prezzo di rinunziare alla propria gioventù per passare, anche inavvertitamente, dall’adolescenza all’età adulta. Un grande sacrificio, ma anche la legittima acquisizione di un efficace lasciapassare per potersi inserire, sia pure gradualmente, nel corpo vivo e pulsante di una società tutta intenta a sanare le ferite inferte dalla guerra ed a preparare i presupposti per la costruzione di un suo proprio futuro.

Oltre ad opportune misure nel più ampio e generale ambito del “Welfare” e delle politiche del lavoro, sarà necessario operare soprattutto perché, a livello dei singoli e dei gruppi, si possa determinare un sostanziale clima di reciproca comprensione, che restituisca a ciascuno la propria dignità oltre che un proprio ruolo nella società.
Quella dell’anziano di non sentirsi più inutile, a carico della collettività ed ancor più della solidarietà familiare, temuto dai più giovani come sostanziale competitore nel mercato del lavoro e, quindi, come troppo patologicamente legato al godimento delle condizioni di vita conseguite nel corso del tempo.
All’altro lato, la dignità per i più giovani di non sentirsi ancora costretti a gravare sui bilanci familiari, a non poter avere la piena responsabilità di decidere come programmare il proprio futuro, anche dando luogo alla formazione di un nuovo nucleo familiare. Se si vuole, soprattutto la dignità di non essere mai più considerato come un cronico e disperato “minus habens” al quale è perfino impedito di sbagliare nei suoi tentativi di testare le proprie capacità.


domenica 20 novembre 2011

Note Tricolori

La musica che fa la storia d'Italia

Associazione Musicale Klavier e Associazione UCIIM organizzano la Lezione-Concerto intitolata


Mercoledì 23 Novembre 2011 - ore 17 - Auditorium del Liceo Musicale "G. Lettimi" in via Cairoli n. 44 di Rimini.

Musica per pianoforte a 4 mani eseguita dal Duo Klavier.
Musica dei piú famosi ed innovativi compositori italiani: Verdi, Rossini, Casella, Petrassi, Donizetti, Bellini. Un concerto per celebrare la patria nel suo 150° anniversario dall'unitá.

Introducono e suonano Davide Tura e Francesca Cesaretti.

INGRESSO LIBERO

Concerto dedicato all’anniversario dei Centocinquanta anni dalla nascita dell’Italia.
Celebrare la patria attraverso la musica, arte che tantissimi italiani, di tutti i tempi, hanno portato ai massimi livelli, è il modo migliore per rendere omaggio a quest’anno di ricorrenza.

Nel programma del concerto si compie un itinerario ricco di eventi, dalle musiche dei grandi compositori moderni che hanno cambiato l’espressione musicale (Siciliana e Marcetta di Petrassi, i Pupazzetti di Casella), alle più belle ouverture del Teatro d'Opera del XIX secolo (La Gazza Ladra di Rossini, Il Barbiere di Siviglia di Rossini, La Norma di Bellini, La Traviata di Verdi).


mercoledì 16 novembre 2011

Costituzione, Concilio e Cittadinanza

Per una rete tra cattolici e democratici
19/20 novembre 2011, Roma, Domus Pacis


La situazione attuale, caratterizzata dalla grave crisi economica che rivela una ancor più grave crisi sociale e politica, richiede a tutti un’assunzione di responsabilità.
Da anni le nostre associazioni si occupano e si preoccupano di formare cittadine e cittadini consapevoli, fedeli ai principi della Costituzione e ai valori condivisi del Concilio Vaticano II.
In una congiuntura della storia italiana così bassa e deludente, c’è un grande bisogno di unire le forze per far circolare aria fresca. Le idee elaborate con tanto impegno e intelligenza dalla tradizione cattolico-democratica costituiscono un patrimonio a cui si può ancora attingere per rendere significativa l’azione dei credenti nella storia.

Alla luce di queste convinzioni abbiamo deciso, con autonoma responsabilità, di convocarci in assemblea.

Agire Politicamente
Argomenti 2000
Città dell’uomo (Milano, Roma)
Rosa Bianca
Cristiano Sociali
Il Borgo (Parma)
Istituto De Gasperi (Bologna)
Persone e città (Torino)
Antropolis (Milano)
Centro Francesco Luigi Ferrari (Modena)
Polis (Legnano)
Il Progetto (Ferrara)
Appunti Alessandrini (Alessandria)
Centro studi “Sen. Antonio Rizzatti” (Gorizia)
Porta Stiera (Bologna),
Associazione Centro Studi “Nuove Generazioni” (Rimini)
Fondazione “Persona, Comunità e Democrazia”
Agorà Marche

PROGRAMMA

Sabato 19 novembre

Ore 15.30 - Accoglienza e presentazione: le ragioni dell’iniziativa.

Ore 15.45 - Prima relazione: “Il cattolicesimo democratico. Una risorsa per il Paese e per la Chiesa” - Guido Formigoni

Ore 16.30 - Seconda relazione: “La situazione italiana: centralità della questione democratica” - Michele Nicoletti

Dibattito
Ore 21.15 - Assemblea aperta su: “Proposte di futuro, costruiamo la rete”

Domenica 20 novembre

Confronto su cittadinanza responsabile: problemi aperti

Ore 9.30 Tavola rotonda
- Economia e società: Leonardo Becchetti
- Diritti della persona: Paola Moreschini
- Chiesa e laicità: Marinella Perroni
- Solidarietà e politica: Don Rocco D’Ambrosio

Dibattito
Ore 13.00 - Conclusioni - Termine dei lavori



Comunicato
Costituzione Concilio e Cittadinanza
Per una rete tra cattolici e democratici

Al termine di un percorso preparatorio in atto da qualche tempo, nei giorni 19 e 20 novembre, si sono riuniti a Roma, presso la Domus Pacis, esponenti di un nutrito numero di associazioni afferenti all’area cattolico-democratica e provenienti da varie regioni d’Italia.
E’ stata costituita una Rete di collegamento che consente di mettere in circolo e dare rilievo su larga scala a idee e valori di una ricca tradizione culturale, politica ed ecclesiale, dei quali oggi si avverte un grande bisogno.
La stagione attuale si presenta difficile eppure densa di inedite opportunità, segnando, fra l’altro, la fine di una fase di grave deriva politica populistica, l’incremento di sempre più ardue sfide socio-economiche e movimenti di rinnovato “protagonismo” politico dei cattolici italiani.
In questo contesto la voce delle esperienze cattolico-democratiche, voce plurale ma consonante sulle matrici di fondo, trova terreno e spazi promettenti per inserirsi nel dibattito pubblico con nuovo slancio e consapevolezza della propria originalità.

La Costituzione repubblicana, il Concilio Vaticano II, la “nuova cittadinanza” democratica costituiscono orizzonti di riferimento ideale e valoriale in grado di alimentare forme di ricerca e modalità di presenza originale nell’odierna riflessione civile e negli stessi percorsi di approfondimento intra-ecclesiale.
Alla luce di questi riferimenti, si dischiude un vasto campo di ricerca, sperimentazione e proposta per rilanciare, integrare e attualizzare idee-forza della tradizione cattolico-democratica sempre nella valorizzazione delle pluralità e nella ricerca di nuovi linguaggi, di nuovi percorsi che ci consentono di allargare orizzonti ed aprire prospettive di incontro e di dialogo.
Tali idee-forza possono essere sintetizzate:
• in un modello di società aperta, inclusiva, solidale e partecipata;
• nella visione conciliare della Chiesa come popolo di Dio, pellegrinante nella storia;
• in una difesa tenace della democrazia, non solo come procedura dell’organizzazione socio-istituzionale, ma anche come forma e ideale, per quanto sempre perfettibile, del vivere civile;
• nella rinnovata opzione per i valori della laicità, dell’autonomia laicale nelle scelte politiche, della mediazione storico-culturale e politica, dell’impegno appassionato per la pace e la giustizia.

Costituzione, Concilio e Cittadinanza:
Il cattolicesimo democratico. Una risorsa per il Paese e per la Chiesa

Riceviamo da Pier Giorgio Maiardi la relazione di:
Guido Formigoni, Docente di Storia contemporanea all'Università IULM

Un ennesimo incontro sul cattolicesimo democratico? Dobbiamo motivare la scelta e tentare di spiegare cosa ci sia di nuovo, quale sguardo al futuro ci proponiamo convocandoci in questa assemblea.
Non si può non partire da una convinzione: l’esistenza di «una prospettiva spiritual-cultural-politica», di una sintonia tra persone diverse basata su alcuni elementi essenziali comuni. Credenti fedeli e laici di Santa Romana Chiesa, cattolici che prendono sul serio la democrazia. Come metodo plurale di organizzazione della convivenza nella libertà, ma anche (in senso primo-novecentesco) come istanza di emancipazione, crescita e dignità dei «molti» non privilegiati in una società diseguale. Bastano queste prime note per cogliere le due lunghezze d’onda fondamentali intrecciate tra loro: nella sensibilità cattolico-democratica c’è da una parte un forte sentire ecclesiale vissuto nella laicità e nella libertà, cosciente dell’eccedenza della fede cristiana e della sua irriducibilità a religione politica o civile; e dall’altra parte una scelta politica per l’uguaglianza, la pace e la giustizia, innervata da un senso acuto delle mediazioni e della «giustizia possibile» da realizzare nella storia.
Quindi, cattolici diversi da altri. Cittadini diversi da altri. Che si collocano, si schierano, prendono appassionatamente parte. Non credo utile mettere paletti, dare il senso di una definizione più stretta e precisa: mi sembra molto più produttivo tenere un orizzonte ampio e inclusivo a definire i possibili incontri, anche dialettici. Diciamolo in altro modo: in questo orizzonte ci stanno persone che hanno fatto scelte anche diverse negli ultimi anni. Ci sono gruppi, fermenti, iniziative, percorsi, non del tutto omogenei. C’è un pantheon di miti e di padri nobili pluralistico e articolato. E’ bene in una prima fase che continui a essere così. L’evocazione di concilio, costituzione e cittadinanza (i C3 del titolo), traduce in riferimenti evocativi questa sensibilità: due «stelle polari» del passato e un impegno per il futuro. Per questo utilizziamo l’antica e nobile espressione di “cattolici democratici”. Per questo la frase che sta nel titolo dell’incontro: per una rete tra cattolici “e” democratici è stata inventata un po’ per sfida, per alludere a una ricerca che vada oltre un’identità strettamente delineata. Non equivochiamo questa frase: non intendiamo mettere insieme credenti non democratici o democratici non credenti (anche se nel dialogo anche questi mondi «altri» la sensibilità cattolico-democratica si affina). Quanto piuttosto delineare un campo di tensioni aperte, di ricerca senza vincoli, più che non un orizzonte dottrinale, o addirittura ideologico, circoscritto e preciso.

Nel Paese, in questa Italia che vive una crisi complessa e pur tuttavia è ricca di vitalità e speranza, c’è bisogno di credenti determinati a lottare per la giustizia e la solidarietà, innamorati promotori della libertà e dei diritti dei singoli e dei gruppi, capaci di mediazioni democratiche e di custodire un senso acuto della complessità e dei limiti della politica, oltre che un rigoroso approccio di laicità (ancor più necessario di fronte all’ambigua espressione «età post-secolare»). C’è bisogno di donne e uomini di dialogo, che contribuiscano a rivitalizzare un’area democratica e di sinistra dilaniata tra correnti esangui che scontano nel compatibilismo ad oltranza il complesso del loro estremismo giovanile, da una parte, e componenti irresponsabili vagamente alla ricerca di un altrove che li fa preda di un «benaltrismo» poco creativo, dall’altra. Contro l’acquiescenza, contro il mugugno, oltre la protesta, ci vuole inventiva, responsabilità, coinvolgimento. Come diceva Aldo Moro nel 1944: «Il cristiano dev'essere così idealista, da credere sempre e solo nella forza della carità; così realista, da volere con tutte le sue energie la giustizia ed il gioco delle forze politiche che la determina». In questa linea esigente sta un contributo da offrire al paese.

Se questa sensibilità si rafforzerà nella Chiesa e nella cultura, verrà naturale promuovere l’inserimento nella politica di energie nuove, verrà naturale sostenere chi in politica già offre il suo servizio, interloquire con la politica per suscitare verifiche e adeguamenti, arricchimenti reciproci. Non è una meta facile, ma è fondamentale costruire finalmente un circolo virtuoso tra il radicamento nella società, la dimensione culturale e le scelte di singoli e di gruppi per un impegno politico doveroso e necessario. Tale sbocco non deve esaurire l’orizzonte di ricerca comune o peggio strumentalizzare a fini di pur nobile protagonismo le energie sociali e civili che si mettono in moto. Circolo virtuoso vuol dire che ognuno deve fare la sua parte, e che i cattolici democratici impegnati in politica porteranno la loro capacità di cooperazione e di iniziativa intrecciandosi con altri contributi. Non siamo disponibili per il progetto, per vari aspetti politicamente e pastoralmente regressivo, di una eventuale «cosa bianca», ma nemmeno per una illusoria corrente cattolico-democratica del Pd o del centro-sinistra! Il fermento dei cattolici democratici continuerà ad animare lo schieramento riformatore del paese, e lo farà con ricchezza maggiore se potrà interloquire con una rete viva e forte di riflessioni e persone, di pratiche di progettazione e di partecipazione, di trasmissione di idee, memorie, saperi, competenze, aspirazioni.

Riusciremo tutti assieme – allargando ovviamente con lungimiranza e tenacia il giro delle persone coinvolte – a costruire queste condizioni? Se tenteremo di farlo con leggerezza, vivacità, dedizione e – perché no – un po’ di allegria, penso che sarà un percorso arricchente e divertente, oltre che un servizio di spessore umano e di responsabilità storica.
Come diceva don Tonino Bello, citando Rostand: «E’ di notte che è meraviglioso attendere la luce. Bisogna forzare l’aurora a nascere, credendoci. Amici, forzate l’aurora. E’ l’unica violenza che vi è consentita».

Costituzione, Concilio e Cittadinanza:
Economia e società

di Leonardo Becchetti
Ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma “Tor Vergata”


Proposito della presentazione:
- Quattro gravi problemi (povertà, ambiente, crisi di senso della vita e crisi finanziaria)
- Due cause (riduzionismo antropologico e di impresa)
- La soluzione che esiste (creare valore economico in modo ambientalmente e socialmente sostenibile), ma che “occhiali statistici sbagliati”, e l’incapacità di misurare fattori preziosi ma invisibili come felicità e virtù civiche, rendono difficile perseguire.
- E l’ipotesi di una leva (il voto con il portafoglio) che può sbloccare lo stallo e modificare i rapporti di forza riportando la società civile al centro e favorendo la transizione da un sistema in cui le persone sono al servizio dell’economia e della finanza ad uno in cui economia e finanza siano al servizio della persona.

Una conclusione “laica”: La responsabilità sociale e la profezia di Keynes
“For at least another hundred years we must pretend to ourselves and to everyone that fair is foul and foul is fair; for foul is useful and fair is not. Avarice and usury and precaution must be our gods for a little longer still. For only they can lead us out of the tunnel of economic necessity into daylight.” John Maynard Keynes, “The Future”, Essays in Persuasion (1931) Ch. 5

Il lascito della Populorum Progressio: un finale “Tehillardiano”
“Certuni giudicheranno utopistiche siffatte speranze. Potrebbe darsi che il loro realismo pecchi per difetto, e che essi non abbiano percepito il dinamismo d’un mondo che vuol vivere più fraternamente, e che, malgrado le sue ignoranze, i suoi errori, e anche i suoi peccati, le sue ricadute nella barbarie e le sue lunghe divagazioni fuori della via della salvezza, si avvicina lentamente, anche senza rendersene conto, al suo Creatore.”

La storia della crisi finanziaria ci dice che i tempi sono cambiati. I vizi sociali possono fare grandissimi danni mentre la responsabilità sociale genera valore sociale ed economico.
Vogliamo essere dal lato del problema o da quello della soluzione?


Costituzione, Concilio e Cittadinanza:
Il grembiule e lo scettro

di Rocco D’Ambrosio
docente di Filosofia Politica e Responsabile della Didattica della Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana di Roma

Ripartendo dagli ultimi: No profit e dintorni

«Lo scandalo non è dire la verità, è non dirla integralmente, introdurvi una menzogna per omissione che la lascia intatta di fuori, ma le corrode, come un cancro, il cuore e le viscere», scriveva George Bernanos.

Un impegno di solidarietà e pace che non si ponesse il problema prioritario della costruzione della giustizia, della legalità si ridurrebbe a beneficenza, a fatto di buon cuore, fatto in sé apprezzabile, ma che non interviene, non modifica, non legge, non rende visibili le cause che producono povertà, bisogno, conflittualità ed emarginazione. Legalità e solidarietà sono i capisaldi indicatori, ma l'obiettivo non può che essere la giustizia. Per costruire legalità e giustizia vanno tutelate le diversità, senza omologazioni, la ricchezza autentica di tutti soggetti sociali, volontariato compreso. Non giova annullare la necessaria e indispensabile differenza tra volontariato, privato sociale, cooperazione e forme imprenditoriali.

Dalla parte degli immigrati

Dalla parte di coloro che credono che «la questione sociale si risolve sul piano del povero, non su quello del ricco, che l'ha creata», come insegnava don Primo Mazzolari. Non certo dalla parte di quei responsabili, specie di istituzioni culturali e religiose, che tacciono o misurano con il bilancino i propri interventi, che pensano più agli effetti politici del silenzio o delle proprie dichiarazioni che al difendere gli extracomunitari. Non certo dalla parte di chi tutela i poveri quando gli conviene (per ottenere finanziamenti e far carriera) e poi li abbandona se diventano troppo ingombranti o se il padrino politico legifera diversamente.

Dalla parte di chi accoglie dicendo pace a chi sbarca ed è disposto a fare un pezzo di strada con loro.



Solidarietà e politica
Slide dell'intervento del rev. prof. Rocco D’Ambrosio
docente di Filosofia politica e direttore della Didattica della Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana di Roma

La solidarietà: la situazione
1. una crescente chiusura verso gli altri
2. il razzismo e le sue diverse forme
3. la solidarietà a costo zero
4. l’utilitarismo e le tante forme di egoismo

Lorenzo Milani (1923-1967)
Poi insegnando imparavo tante cose. Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l'avarizia. Dall’avarizia non ero mica vaccinato. Sotto gli esami avevo voglia di mandare al diavolo i piccoli e studiare per me. Ero un ragazzo come i vostri, ma lassù non lo potevo confessare né agli altri né a me stesso. Mi toccava essere generoso anche quando non ero. A voi vi parrà poco. Ma con i vostri ragazzi fate meno. Non gli chiedete nulla. Li invitate soltanto a farsi strada.
SCUOLA DI BARBIANA, Lettera ad una professoressa

Le esperienze di solidarietà diventano politica?
1. percorsi complessi dalla solidarietà alla politica…
2. il nodo istituzionale
3. il nodo della rappresentanza
4. l’impegno cattolico in politica tra coerenza e appartenenza

GIOVANNI PAOLO II (1920-2005): la solidarietà
La solidarietà nella Costituzione
E. Mounier (1905-1950): per suscitare una comunità di persone


martedì 15 novembre 2011

Ieri e oggi: il contributo delle donne nella vita politica-sociale per l'unità e lo sviluppo dell'Italia

Incontro a cura del CIF - Centro Italiano Femminile dell'Emilia Romagna

Sabato 12 novembre 2011 ore 9,15 - 13
Circolo Ufficiali di Presidio
Palazzo Grassi - Via Marsala,12 - Bologna

Il convegno si snoda dalla memoria storica di donne protagoniste spesso “invisibili e dimenticate” nella costruzione dell’Unità d’Italia alla presentazione di donne impegnate in politica nella nostra regione dal 1970 in poi con ruoli di alto spessore e si chiude con un momento di spettacolo dell’Attrice Maria Giulia Campioli “Così siam tutte… 150 anni di storia italiana”.

Dopo il saluto di Maria Chiara Annunziata della Presidenza Nazionale CIF,
Maria Lucia Xerry della Sovrintendenza Archivistica per l’Emilia Romagna parlerà di “Carte nascoste, carte svelate: primi esiti del censimento degli archivi femminili bolognesi.”

A seguire la relazione di due giovani ricercatrici, Mara Casale e Chiara Kolletzek, sul tema: “Donne Emiliano-Romagnole negli anni dell’Unità d’Italia: creature utili a sè, alla famiglia e alla patria”.
Chiara Kolletzek spiega: “nella ricerca che ho svolto con Mara abbiamo ricostruito il percorse che donne celebri e sconosciute hanno svolto dal Risorgimento fino ai primi del 900 con forti contributi al progresso della nazione. Ricorderemo donne imprenditrici come Irma Boni fondatrice della trattoria Boni, le modiste Adele e Olga Medini, una sportiva come Alfonsina Morini Strada, prima donna a partecipare al giro d’Italia e altre, tutte con voglia di partecipare ed esprimere capacità di innovare per una nuova Italia.”

Nadia Lodi presenta la ricerca “Nel segno della donna: figure femminili protagoniste nella recente vita politica regionale”. Trattasi del pensiero di donne che hanno operato in politica dal 1970 ad oggi con importanti incarichi.

Il convegno si chiude con un momento di spettacolo dell’Attrice Maria Giulia Campioli: “Così siam tutte…150 anni di storia italiana”. L’attrice così presenta il suo reading: “attraverso i miei testi presenterò la storia di donne che hanno fatto in modo “diverso” l’unità d’Italia, chi creando scuole, chi aiutando le donne carcerate, chi lottando sulle barricate”.


domenica 13 novembre 2011

Sulla conoscenza

di Gianluca Pascucci

PRIMA RIFLESSIONE

Esperienza: provare qualcosa e giudicarla a partire dalle esigenze ed evidenze di buono, di bello, di vero e di giusto inscritte nel cuore nostro come il Creatore ce le ha messe, quindi indelebili.

La sottolineatura va quindi sulla capacità nostra di giudicare quel che ci accade: sono capace di valutare quel che mi sta accadendo in modo soddisfacente?
Giudizio, conclusione positiva, soddisfazione, piacere sono la stessa cosa. Il sostegno del nostro buon giudizio dipende direttamente dalla cura di parole che riceviamo giornalmente perché il pensiero è già in essere e può essere salvaguardato o attaccato. Vogliamo stare bene, vivere bene, mangiare bene: starci bene nel bene e non bene nel male, sicuramente.

Invece ci troviamo spesso a non vivere bene quel che ci accade e la lamentela in qua e là ne è la sentinella. Allora mi chiedo che ci sta davvero sotto affinché io possa capire bene per fare un lavoro di riappropriamento del mio pensiero? Chi è il nemico intanto del mio pensiero?

Il Bene Presupposto, teorico ed esautorante la nostra competenza individuale. Che cosa è, che cosa ci fa il BENE PRESUPPOSTO? E' un imperativo senza fondamenti ragionevoli che ci blocca, ci esautora dal sapere e dal dire, ci obbliga ad eseguire un comando rispetto alla libera iniziativa, ci costringe ad amare una persona inventata nella testa più perfetta di quella reale. E' il nemico della vita che attacca le nostre esigenze di buono, bello, vero e giusto riducendole a pure astrazioni e quindi di fatto non consentendoci di fare esperienza di VITA.



Conoscenza e coscienza
di Carlo Pantaleo
Presidente Associazione Centro Studi Nuove Generazioni

Sin da piccolo ho pensato che la conoscenza non potesse essere la sola descrizione della somma delle parti di un ente. Per la persona tutto ciò è fondamentale altrimenti si perderebbe la sua dignità e la sua stessa costituzione che è essere in relazione. Poi incontrai Agostino d'Ippona che mi insegno che si conosce solo ciò che si ama come la sua stessa vita ci insegna, ricollegando tutto il pensiero precedente a lui. Ma ancora non mi bastava, perché era tutto come intrappolato in un soggettivismo, di certo aperto alla realtà ma senza andarne al cuore. Solo Tommaso d'Aquino mi ha introdotto al personalismo partendo da quella pur ovvia considerazione, ma che presuppone umiltà: «Veritas est adaequatio rei et intellectus», ovvero la «La verità è la corrispondenza tra la cosa e l'intelletto».

Quindi non ci può e non ci deve esser un solo termine: l'io che vorrebbe conoscere. C'è tutto un mondo, ma anche e sopratutto quello dell'incontro che diviene esperienza con la realtà stessa di cui l'io fa parte.
Qui si capisce perché il bene presupposto si riferisce a un io ideale e non a quello reale.
Per Aristotele il vero e il falso non sono nelle cose ma nel pensiero. Questo lo rende grande ma anche pericoloso per tutte le implicazioni che ne conseguono nelle azioni.
Da personalista quello che mi preme sottolineare è che la conoscenza è rapporto, corrispondenza, non solo istantanea ma in un processo continuo.