mercoledì 26 maggio 2010

Riflessioni 2010 - Seminario II - Innovazione, occupazione e territorio


Giovedì 27 maggio, alle 18 nelle Aule 13 e 14 del complesso Alberti, del Polo riminese dell’Università di Bologna (via Quintino Sella 13) si terrà il seminario dal titolo “Economie locali per lo sviluppo - Innovazione, occupazione e territorio.

Relatori
Prof. Carlo Dell’Aringa: Docente di economia all’Università Cattolica di Milano e direttore del Centro Ricerche in economia del lavoro e dell’industria, Presidente Agenzia per la Rappresentanza delle Pubbliche amministrazioni.
Dott. Carlo Pignatari: Direttore di CNA Innovazione. Esperto di pratiche avanzate di management e di strumenti di Benchmarking, svolge attività di ricerca, consulenza e progettazione per le PMI.Interventi

Interventi
Dott. Alberto Brighi: imprenditore ditta Brighi Srl
Dott. Maurizio Focchi: amministratore delegato della società Focchi S.p.A.

Uscire dalla crisi senza accettare di “galleggiare”, richiede azioni che possano contare su una spinta dal basso, dalla dimensione regionale e locale, perché il territorio torna ad essere rilevante.
Non più come mitico luogo in cui si esaurisce un intero ciclo produttivo, ma come ambiente urbano in cui far crescere attività di produzione, servizio e ricerca per essere parti di reti mondiali.
In questo senso, per governare la crisi, il consolidato modello aggregativo su base territoriale e settoriale – cioè l’economia dei distretti industriali – non sembra più sufficiente, da solo, a garantire alte performance per il sistema produttivo italiano. Diviene, quindi, necessario porre attenzione alle nuove reti di impresa, sia orizzontali che verticali, fondate su una convergenza di culture e di linguaggi e su coerenti strategie di sviluppo tecnologico e di innovazione.
Infatti, di fronte alla chiusura delle aziende e all’erosione dell’occupazione dovuta alla gravità della crisi, ci deve essere assunzione di responsabilità degli imprenditori e dei dipendenti affinché si valutino tutte le possibili applicazioni degli strumenti utili (compresi i contratti di solidarietà) per attutire le difficoltà, per salvaguardare gli investimenti in formazione, per intrecciare gli ammortizzatori sociali con la riconversione, qualificazione e formazione permanente, affinché non si degeneri fino all’inoccupabilità.
Qui, tuttavia, torna essenziale l‘elaborazione di una visione da enucleare in un patto federativo tra Regioni non solo italiane ma europee che, se deve spingere per un verso a una competizione tra territori, dall’altra impone la capacità di costruirne le ragioni dell’unità, delineando comunità aperte e solidali, rispettose di un lavoro “decente”, che possano sostenere e anticipare il peso di trasformazioni per molti versi epocali.

Alcuni spunti

Da Carlo Dell’Aringa

Da “Per un nuovo modello di sviluppo”. Questo è l’estratto del libro nato per raccogliere i preziosi contributi emersi dal Ciclo di seminari promosso dall’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori tra gennaio e febbraio 2010. Resoconto giornalistico di Umberto Folena,
Sostenere le imprese-traino
Dell’Aringa si occupa di lavoro, di politiche del lavoro, o di come sia possibile uscire dalla crisi indenni, o almeno subendo meno danni possibile. A questo proposito avanza cinque proposte, che è opportuno riassumere, almeno a grandi linee.
Primo: occorrono interventi che aiutino i paesi con i conti pubblici più traballanti a risanare i loro bilanci, senza essere costretti a mettere in atto politiche drastiche, che produrrebbero effetti devastanti su livelli di occupazione e di disoccupazione.
Secondo: vanno potenziati i servizi all’impiego e gli interventi nel campo della formazione e dell’aggiornamento professionale.
Terzo: vanno incrementati gli ammortizzatori sociali; e qui la sintonia con Campiglio è palese. In particolare, l’invito di Dell’Aringa è a moltiplicare gli sforzi per sostenere le imprese nei momenti di difficoltà, come peraltro si fa quasi ovunque.
Quarto: va rafforzato e qualificato il settore delle piccole imprese.
Quinto: tenere aperte opportunità di investimento e di crescita occupazionale nei settori e nelle imprese che hanno buone prospettive di uscire dalla crisi, in quanto le loro produzioni rappresentano gli sbocchi di probabili evoluzioni dei mercati e della struttura della domanda aggregata di beni e servizi.
È questa forse la proposta più particolare e originale: «Si tratta - spiega Dell’Aringa- di individuare soprattutto i settori che, nei diversi contesti nazionali, potranno svolgere la funzione di traino dell’intera struttura produttiva. Uno di questi settori è l’ambiente».

Da Carlo Pignatari
Come Grandinetti e Rullani citano «l’internazionalizzazione è un fatto, ma non una teoria», per potere spiegare le dinamiche di espansione all’estero delle imprese minori è necessario prendere in considerazione elementi non contestualizzabili, quali la semplice conoscenza diretta di interlocutori in un determinato Paese, la presenza di un management ricettivo o l’abilità di sviluppare e rafforzare le relazioni con clienti nuovi. Modalità, quindi, incentrate sulle capacità interpersonali e di networking.
Le globali hanno, quindi, diverse specializzazioni settoriali e strategie di approccio, ma anche caratteristiche in comune in termini di gestione dell’innovazione a monte e delle relazioni a valle (business to business o business to consumer). Il comportamento di ogni singola azienda viene, infatti, contaminato dalle risorse e competenze tecniche manageriali di cui essa dispone, ma anche dal contesto internazionale nel quale l’impresa cresce…
Le storie e i protagonisti sono diversi, ed è comune l’approccio del tipo «Test the water, then swim for a while»(Caroli et al., 2000) durante il quale l’azienda viene inizialmente a conoscenza dell’opportunità, punta a conoscere e fare proprie le nuove regole competitive del gioco, per poi successivamente strutturare un percorso strategico. Date le pesanti implicazioni finanziarie ed organizzative che il processo d’internazionalizzazione comporta, una volta in gioco, le imprese eccellenti abbattono vincoli produttivi e dimensionali e primeggiano grazie alla capacità di trasferire in nuovi contesti i vantaggi creati nel proprio ambito locale. Con un unico obiettivo: diversificare il rischio ed essere «piccoli, ma globali».
Alla domanda su quanti e quali fossero i mercati esteri serviti, tutti i referenti delle aziende di questo gruppo hanno risposto con un «Perché elencarli? Siamo ovunque». Ciò che maggiormente caratterizza le imprese qui descritte è l’alta capacità di relazionarsi con più contesti, ma anche l’abilità di presidiare il mercato con una struttura distributiva a limitato rischio d’investimento.


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