mercoledì 30 marzo 2011

Quando la società non era ancora “liquida”

Cenni di storia del lavoro e del tempo libero nel quadro delle tradizioni civiche e della pastorale sociale in Emilia-Romagna
di Marco Malagoli
Gruppo animatori cristiani ambiente di lavoro

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo per l'area "Testimoni nella storia". A diversi livelli interseca la storia del nostro Paese e Regione, attraverso le figure di tanti suoi testimoni tra cui il card. Lercaro, Giuseppe Fanin giovane dirigente delle ACLI, Card. Siri, Paolo VI, Don Milani, Enrico Mattei presidente ENI, De Mauro giornalista e Pasolini scrittore, Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, Francesco Lorusso, Sergio Luporini, Giorgio Gaber e Fabrizio De Andrè.

Clicca qui per scaricare il contributo di Marco Malagoli

martedì 29 marzo 2011

Le scelte di investimento nel mondo reale

di Marco Savioli
Facoltà di Economia, Università di Bologna - sede di Rimini
collaboratore Associazione Centro Studi Nuove Generazione

La moderna teoria economica ha sviluppato strumenti molto sofisticati per controllare e ottimizzare gli investimenti in mercati che aspirano sempre di più ad aderire a quel modello di concorrenza perfetta che iniziò a svilupparsi con la rivoluzione industriale ed iniziò ad essere teorizzato con la mano invisibile di Adam Smith.
Purtroppo però, come la recente crisi finanziaria ci rende esplicito, le situazioni fuori mercato abbondano e rendono importante sviluppare strumenti teorici adeguati che cerchino di confrontarsi con il mondo reale. Fenomeni come investimenti fuori dal mercato indivisibili nella loro struttura intima (take it or leave it choice) e scelte soddisfacenti piuttosto che derivanti da razionalità perfetta abbondano nella nostra vita. Possiamo pensare come esempi agli investimenti sul mercato nero, all'investimento che un albergatore riminese possa fare per ammodernare la sua struttura (e che può quindi essere fatto solo da lui) e all'investimento in capitale umano (per es. istruzione) che solo ognuno di noi può effettuare per valorizzare doti innate non alienabili e quindi scambiabili sul mercato. Per tutte queste situazioni, un recente articolo (http://www.rcfea.org/RePEc/pdf/wp07_11.pdf) amplia il modello base della teoria di portafoglio ottimo sviluppata da Markowitz ottenendo nuove indicazioni analitiche per tutti quegli individui o istituzioni finanziarie che volessero confrontarsi con queste problematiche. Nella sua parte finale, l'articolo indica anche perché nel mondo ci siano imprenditori (che accettano di intraprendere un nuovo investimento fuori mercato) e impiegati (persone maggiormente avverse al rischio che scelgono di impiegare la loro ricchezza solo in asset scambiabili sul mercato).
E' ormai tempo che gli economisti profondano prioritariamente i loro sforzi per lo studio e la spiegazione di problematiche reali e pressanti, non vorremmo arrivare ad un'altra crisi dove gli stessi scienziati ammettano imbarazzati di avere a disposizione solo degli strumenti spuntati e poco illuminanti.

Clicca qui per scaricare l'articolo completo

Contributo del Movimento Lavoratori di Azione Cattolica alla 46° Settimana Sociale dei cattolici italiani

segnalazione di Cristiano Nervegna
Segretario Nazionale del Mlac

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo che continua la riflessione avviata su "Intraprendere" anche da noi.
Occasione unica di confronto, dibattito e crescita del mondo cattolico, e non solo, è rappresentato dalle Settimane Sociali a cui il presente contributo è destinato allo scopo di fornire degli spunti di riflessione nonché delle umili proposte di azioni concrete, frutto di incontri, campi inter-regionali e nazionali, si spera quanto mai utili all’implementazione di quell’Agenda di speranza, di cui l’Italia tutta ha un impellente bisogno.
L’Italia, infatti, deve ricominciare a crescere (Card. Bagnasco, Prolusione alla 60ª Assemblea Generale dei Vescovi, Assisi, 9-12 Novembre 2009, n. 9). Tale crescita, però, non può che essere il frutto di uno sviluppo equilibrato che torni a considerare il lavoro, e non già il debito e la speculazione finanziaria, come i fattori primi nella produzione della ricchezza. Questo dato è emerso con sufficiente chiarezza nel dibattito sulla crisi ed è stato autorevolmente riproposto anche dalla “Caritas in veritate” al cap. 3.
L’Italia ha bisogno di quelle condizioni essenziali (culturali, politiche ed economiche) che possono riportarla in un percorso virtuoso di crescita. Un percorso che metta “al centro” il lavoro.


lunedì 28 marzo 2011

150° anniversario Unità d'Italia

Valori e rischi relativi al Tricolore e alla Costituzione
di Luciano Corradini
professore emerito di Pedagogia generale nell’Università di Roma Tre

Lo sventolio del Tricolore e del testo della Costituzione, che ha caratterizzato la manifestazione del 12 marzo in diverse piazze d’Italia, è stato salutato come un segno di maturità e di speranza per il nostro Paese, ma anche come un evento che contribuisce ad approfondire le sue divisioni culturali e politiche, con la “strumentalizzazione” di quei simboli. Tricolore e Costituzione simboleggiano i valori espressi, in estrema sintesi, dai due motti latini scolpiti sul Vittoriano, che è dedicato appunto all’unità della patria e alla libertà dei cittadini.
Non è certo scandaloso che, in nome di questi simboli universali, un certo numero di cittadini si mobiliti per difendere valori costituzionali che ritiene sacrificati più o meno gravemente e colpevolmente dal Governo e dalla Maggioranza. Questo rientra nelle regole del gioco, essendo la Costituzione da un lato un complesso di garanzie, dall’altro un impegno programmatico a realizzare sempre più e sempre meglio nella prassi i principi e i valori che tutti hanno il dovere di riconoscere e promuovere.
Il rischio è che, nel fervore della dialettica politica e nel complicato processo di comunicazione veicolato e talora distorto dai media, qualcuno ritenga che quei simboli siano stati “sequestrati” da una parte e non più utilizzabili dall’altra: ossia che si degradi e si riduca la loro autorevolezza simbolica super partes, come comune punto di riferimento.


Felice Italia, indipendente Italia
Biblioteca civica Gambalunga 
15 marzo – 2 aprile 2011
lunedì-venerdì ore 8-19; sabato 8-13
Mostra di documenti dalle raccolte della Biblioteca civica Gambalunga
La Biblioteca Gambalunga festeggia i centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, proponendo, attraverso una piccola esposizione di documenti allestita dal 15 marzo al 2 aprile nei suoi Spazi aperti, una testimonianza sulla partecipazione della città alle vicende risorgimentali. Per tutto l’arco del Risorgimento intere famiglie riminesi, per più di una generazione, parteciparono a cospirazioni e moti; molti giovani partirono volontari per le guerre d’indipendenza; numerosi patrioti pagarono con la vita e il carcere il loro ideale.


Da dieci dei documenti esposti, sono state tratte cartoline che riproducono i momenti salienti del percorso risorgimentale; fra cui i tre eventi in cui il nome di Rimini fu al centro delle vicende italiane: nel 1815, quando il 30 marzo Gioacchino Murat emise da Rimini un proclama che faceva appello al sentimento nazionale degli italiani, nel tentativo di formare un Regno italiano indipendente e costituzionale; il 25 marzo 1831, con la battaglia delle Celle, combattuta contro gli austriaci e narrata da Giuseppe Mazzini nel suo primo scritto politico; con la sommossa scoppiata in città il 23 settembre 1845, citata da Massimo D’Azeglio nel suo Degli ultimi casi di Romagna.
Le cartoline verranno distribuite in omaggio agli utenti che in questo mese prenderanno libri in prestito, e messe in vendita ai seguenti costi: 1 cartolina: 1.50 Euro; 10 cartoline: 10, 00 Euro; Il Proclama di Rimini: 5 Euro.
Novità editoriali, romanzi, biografie e saggi sul Risorgimento costituiscono inoltre proposte di letture del bollettino tematico del mese.


I 150 anni dell’Unità d’Italia
di Patrizio Placuzzi

Sono partite mercoledì 5 maggio da Genova, con la presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’ Italia. Questo fatto mi induce ad alcune riflessioni che vorrei mettere per iscritto e socializzare con i lettori.
Il primo dato di fatto che vorrei mettere in evidenza, è la riscoperta del federalismo, che durante il periodo risorgimentale, era una posizione assolutamente minoritaria e ridotta a pura testimonianza, a cominciare dal suo esponente più noto Carlo Cattaneo, uno degli esponenti di spicco della rivolta dei milanesi contro gli austriaci che passò sotto il nome delle 5 giornate di Milano, che avvenne nell’anno 1848. Anche la proposta di una organizzazione più decentrata dello Stato fatta dal bolognese Marco Minghetti non fu presa in considerazione.
Adesso pare, sembra che il federalismo sia diventato la panacea di tutti i mali, la soluzione di tutti i problemi che affliggono il nostro caro paese. Un processo politico assolutamente marginale nel periodo del risorgimento, come era il federalismo, è diventato un elemento fondamentale della agenda politica di questo periodo.
Tutti lo vogliono, dalla Lega, che lo ha riscoperto per primo, anche se il limite fra federalismo e secessione non è mai stato ben definito, dal Pdl fino al Pd. Però bisogna vedere che federalismo verrà fuori e i decreti attuativi che lo sosteranno e se le regioni più deboli non saranno penalizzate a scapito delle regioni più forti economicamente. Seguiremo il dibattito.
E pensare che la destra storica che governò l’Italia, subito dopo l’unità, fece una scelta controcorrente per quel che riguarda l’organizzazione dello Stato, facendo in un certo senso violenza rispetto al loro modo di pensare, che era più propenso a un modello federalista. Esso fu scelto come sostiene il prof. Zuffoletti, uno che ha studiato per anni la materia, un modello francese di stampo napoleonico imperniato sulla figura del prefetto, cosa che dura tuttora, per una serie di ragioni non ultima, quella di non consegnare intere fette, interi territori del nostro paese, nelle mani della criminalità organizzata delle regioni del Sud, problema che purtroppo si ripropone ancora oggi. Alcuni studiosi come il prof. Aprile, autore de libro “Terroni”, che quest’estate è stato presentato anche a Riccione, sostiene che la camorra cominciò a prosperare subito dopo la costituzione dello stato unitario e che i piemontesi ingaggiarono la camorra locale per mantenere l’ordine pubblico subito dopo la caduta della dinastia dei Borboni.
Io non voglio fare il revisionista a tutti costi, ma sono sempre stato contrario all’enfasi e al trionfalismo con il quale è stato descritto il nostro risorgimento, specialmente sui nostri testi scolastici, sono sempre stato propenso ad ascoltare anche le ragioni dei vinti, non solo quelle dei vincitori, e sono anche convinto che il brigantaggio non fu soltanto una questione di ordine pubblico, ma un rivolta da parte della popolazione del sud, che aveva anche l’appoggio del clero e della Casa Reale Borbonica, contro le truppe di occupazione savoiarde.
Un problema di rivolta sociale, a causa della mancate promesse fatte dai Savoia, come la riforma agraria fu considerato esclusivamente come una questione di ordine pubblico, il brigantaggio per me non fu altro che il braccio armato dello scontento sociale meridionale.
Ho letto recentemente che è stato scoperto un documento in cui si dice che il primo ministro Menabrea nel 1868, chiese a varie potenze europee che avevano possedimenti in Africa e in America, questa cosa fu chiesta anche alla Tunisia, di costruire un carcere per i meridionali, come una specie di Guantanamo, allo scopo di recidere i legami del brigantaggio col suo humus sociale, cosa che doveva avvenire trasferendo i meridionali in un centro penitenziario in un altra parte del pianeta.
Furono interpellate l’Inghilterra, l’Olanda e la Tunisia, ma tutte risposero picche alla richiesta dei Savoia. La notizia è stata pubblicata sulla Gazzetta del Mezzogiorno, che si è basata su documenti diplomatici conservati nell’archivio storico della Farnesina.
Mi piace approfondire le cose, per questo ho citato questo fatto.
Ritengo anche che fu distrutto uno Stato come il Regno delle Due Sicilie, con i raggiri diplomatici attuati da Cavour, di cui era un vero esperto, senza che mai gli fosse stata presentata la dichiarazione di guerra, come si usa in queste circostanze. Dopo l’attentato all’Arciduca austriaco di cui al momento mi sfugge il nome, Franz Ferdinand avvenuta a Sarajevo per mano di Gavrilo Princip, l’Austria Ungheria presentò l’ultimatum alla Serbia, e poi la dichiarazione di guerra. In politica e in diplomazia il rispetto delle regole formali equivalgono alla sostanza delle questioni. È solo per fare un esempio.
La spedizione dei Mille, guidata da Giuseppe Garibaldi che partì dallo scoglio di Quarto a Genova, fece parte di questo disegno ordito da Cavour con l’appoggio delle diplomazie internazionali, in particolare l’Inghilterra, che voleva espandere la sua influenza commerciale nel Mediterraneo, e della massoneria che volevano far fuori il Regno delle Due Sicilie.
Detto questo, io mi sento italiano, non mi sento padano, tiferò per la nazionale italiana, nonostante le sirene contrarie che giungono dalla Lega Nord, stando le dichiarazioni della trota Renzo Bossi, che a quanto pare sono inascoltate anche dai lombardi D.O.C. come Gigi Riva, il noto ex calciatore che è nativo di Varese anche se vive a Cagliari, che ha duramente stigmatizzato le cose dette dal figlio di Bossi, che rappresenta in modo di pensare tipico di un certo elettorato che vota Lega Nord.

Il Papa al Presidente Napolitano per i 150 anni dell'Unità d'Italia

Alleghiamo qui sotto il testo del Messaggio che Papa Benedetto XVI ha inviato al Presidente della Repubblica Italiana, l'On. Giorgio Napolitano, in occasione dei 150 anni dell’Unità politica d’Italia. Il Messaggio è stato consegnato al Presidente dal Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, nel corso di una visita al Quirinale il 17 marzo 2011.


L’Unità d’Italia
di Patrizio Placuzzi

Il 17 marzo sarà il giorno deputato alle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Credo che una riflessione si imponga da parte di tutti, per valutare e misurare se se siamo davvero una nazione, o a 150 anni dall’Unità d’Italia ognuno va per conto suo e si ostina a cercare rifugio nelle proprie identità regionali. Questo fatto è anche il frutto della globalizzazione, che ha spiazzato un po’ tutti, in mancanza di punti certi di riferimento, la globalizzazione ha “costretto” tutti a mettersi in gioco, ognuno si rifugia nel proprio cantuccio caratterizzato dalle identità regionali, dall’esaltazione delle piccole patrie. È un processo inconscio che non ha niente di razionale, dettato dalla paura del nuovo, che porta tanta gente ad assumere una posizione difensiva che potremmo sintetizzare con la paura del diverso. Invece di misurarsi e di confrontarsi con le nuove sfide che la globalizzazione impone, si preferisce rinchiudersi e arroccarsi nella propria casamatta.
Questo a mio parere è lo scenario in cui è collocato il contesto per le celebrazioni dell’Unità d’Italia, e di questo fatto penso se ne debba tenere conto.
Giorgio Gaber scrisse tempo fa un canzone dal titolo: “Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono!”. Penso che il titolo della canzone di Gaber sia molto attuale e che serva come momento di riflessione sulla nostra italianità. Che per me è una cosa bella, ma è anche un peso da portare.
Faccio questa constatazione, rispetto al 150° anno dell’Unità d’Italia. Il concetto di federalismo, che durante il periodo del Risorgimento era un movimento di minoranza e che ha avuto in Carlo Cattaneo uno dei suoi maggiori esponenti, è diventato l’elemento principale dell’attuale dibattito politico nel nostro paese, la Lega minaccia di fare cadere il governo se non passerà il federalismo, che è sempre stato un suo cavallo di battaglia della sua proposta politica.
In base a questo fatto, cioè al ritorno del concetto di federalismo come risoluzione di problemi che attanagliano il paese, non solo per risolvere i problemi legati all’economia e al funzionamento dello Stato, ma anche quelli spiccioli di convivenza civile, c’è da chiedersi se l’Unità d’Italia sia stata fatta per davvero, nel senso se è stato davvero creato col tempo un concetto di appartenenza di un popolo, di avere costruito una casa comune in cui gli italiani si possano riconoscere.
Insomma c’è da domandarsi se l’Unità d’Italia sia stato un processo voluto solo da una borghesia in ascesa sul piano sociale o sia stato un invece un processo che ha coinvolto tutto il popolo italiano.
Penso al fenomeno del brigantaggio nel Sud, che per me non è stato solo un fenomeno di ordine pubblico, ma si è trattato di lotta di popolo contro uno stato invasore come il Piemonte che ricordiamolo, ha fatto scomparire dalla faccia della terra un regno come quello delle due Sicilie senza avergli dichiarato guerra, ma solo grazie agli intrighi internazionali organizzati da Cavour e dal suo sodale Costantino Nigra, all’azione compiuta da Giuseppe Garibaldi, che se per ipotesi non fosse riuscita, sarebbe stata immediatamente sconfessata da Cavour, che come prima ipotesi puntava a un Italia divisa in tre parti, il regno del nord sotto i Savoia, un stato centrale con lo stato Pontificio, e uno regno del Sud con la dinastia dei Borbone, che regnava sul regno delle Due Sicilie. Cavour faceva del cinismo politico la sua maggiore virtù, è stato spacciato per grande statista, come ci hanno sempre insegnato i testi scolastici in uso nelle nostre scuole pubbliche.
Sono riflessioni che butto lì, per stimolare un dibattito, se interessa a qualcuno, perché prima di tutto mi sento italiano e poi perché mi piace trattare questo argomento, mi ha sempre interessato.
Un’ultima cosa a margine della lettera, che ha a che fare indirettamente con l’immagine del nostro paese all’estero. Il mio amore sta in Africa, tempo fa mi telefonò dicendo che la tv del suo paese, che è il Camerun, parlò delle ultime vicende che hanno interessato il presidente Berlusconi. Rideva. Il bunga bunga è arrivato anche in Africa, nei villaggi tribali più sperduti, la tv là non arriva, solo nelle città, ma la gente gira, perché ha i parenti nei villaggi e parla, spargendo la voce e facendo anche i suoi commenti.
Non faccio commenti a questo proposito, prendo solamente atto dei fatti.

Dal Tricolore della rivoluzione al Tricolore della Costituzione
di Alberto Melloni
Ordinario di storia del cristianesimo nell'Università di Modena-Reggio Emilia

Riceviamo e pubblichiamo da Luigi Bottazzi presidente del Circolo G. Toniolo di Reggio Emilia, la relazione fatta da Alberto Melloni a Reggio Emilia sul tricolore.

domenica 27 marzo 2011

Psicoanalisi e democrazia

Segnaliamo un incontro che si terrà venerdì 1 aprile 2011 alle ore 17:30 a Bologna in Piazza Maggiore, 6.

Ultimo incontro del Corso su "Le relazioni di potere nella società contemporanea" organizzato dall'Istituto De Gasperi: si tratta de "L'apporto della psicoanalisi alla democrazia".
L'argomento può apparire singolare e marginale rispetto alle questioni oggi in discussione, ma gli organizzatori credono, invece, che in questa preoccupante fase della nostra situazione sociale e politica, si abbia l'esigenza di riscoprire i fondamenti e le dimensioni che stanno alla base del nostro sistema democratico che deve essere costantemente "rigenerato".




Pubblichiamo la lettera ricevuta dall'Istituto Regionale di Studi sociali e politici “Alcide De Gasperi” - Bologna

Gentile Amica ed Amico,
dopo l’audio Le inviamo il testo scritto dell’intervento che Massimo Recalcati, psicoanalista e docente universitario, ha pronunciato il 1 Aprile a Bologna, Palazzo d’Accursio, sul tema: "L’apporto della psicoanalisi alla democrazia tra vecchi e nuovi totalitarismi”.
E’ un testo molto denso e impegnativo, che va assimilato con pazienza, utilizzando la matita rossa per le sottolineature del caso. E’ un testo, lo ricordiamo, offerto nell’ambito di una iniziativa formativa (il nostro Corso di Seminari sulle “relazioni di potere. Dalla potenza del tiranno al potere sociale”).
Potenti gli snodi dell’intervento: la democrazia e il pluralismo attraversano, prima ancora che la società, il mondo del singolo e la soggettività (il confronto “parlamentare” tra io, es, super-io; la sofferenza, in genere, dipende dall’ipertrofia e dalla dittatura dell’io!); il tema del confine e l’ascolto dello straniero che è in noi e fuori di noi (c’è malattia non perché c’è il confine, ma a causa della sua rigidità); il problema della democrazia come forma di legame mai compiuto: democrazia, tirannide/totalitarismo non stanno tra loro in un rapporto di pura alternativa, ma di implicazione problematica (il molteplice cerca l’uno, la massa il padrone!); il potere paranoico dei totalitarismi del ‘900 (la Causa con la C maiuscola, il sacrificio dell’individuale, il mito, l’ipervalorizzazione dell’istituzione, l’unica verità sulla storia, l’identificazione delle masse nel Capo, la ricerca del nemico e la guerra). Lo sconcertante capovolgimento di segno del totalitarismo di oggi nell’interpretazione del berlusconismo: il trionfo del godimento cinico dell’oggetto, del danaro come convertitore valoriale per eccellenza, dell’individuale e dell’anti-istituzionale; la democrazia come “rottura di scatole”; la dimensione senza verità dei discorsi (la verità è la menzogna!). Il motto del perverso “perché no?”, perché rinunciare, e la necessità di trovare forti argomenti per una risposta convincente. Il testo che diffondiamo è stato trascritto dall’audio a cura di Giuseppe Barile e del suo blog http://controllocittadino.wordpress.com. Li ringraziamo per il prezioso dono.
Il nostro incontro ha suscitato diverse reazioni, anche tra specialisti. Il Blog dell’Associazione Centro Studi Nuove Generazioni diretto da Carlo Pantaleo http://associazionenuovegenerazioni.blogspot.com ha pubblicato il commento-riflessione di un partecipante all’incontro, Maurizio Montanari, del Centro di Psicoanalisi Applicata Libera Parola di Modena (vedi allegato). Grazie per l’attenzione, la divulgazione, la partecipazione, lo scavo...
Un cordiale saluto.
Il Presidente Domenico Cella
Il Vice Presidente Piero Parisini
Il Responsabile dei Seminari Gianluigi Chiaro


Sport Integrazione

Segnaliamo che sabato 26 marzo a Rimini presso il Bar Ferrari, la Delegazione Provinciale di Rimini del Comitato Italiano Paralimpico, in collaborazione con il Comune di Rimini e oltre 60 classi degli istituti scolastici riminesi, ha presentato il progetto scuola “Sport Integrazione”, un importante progetto di sport finalizzato all’integrazione e rivolto alle classi che hanno all’interno bambini con disabilità.
Visto l'interessamento dell'Associazione Centro Studi Nuove Generazioni verso queste tematiche, per l'alto valore educativo che lo sport ha nell'aiutare a integrare i genitori col figlio, i compagni di classe con l'amico, il bimbo disabile col resto del suo mondo, e con l'intenzione di sostenere nel futuro progetti/iniziative in questa direzione, riportiamo un piccolo resoconto dell'incontro.

Sono intervenuti:
Samuele Zerbini - Assessore Politiche Educative e Scolastiche Comune di Rimini
Emanuele Pagnini - Delegato Provincia di Rimini Comitato Paralimpico Italiano
Melissa Milani - Giunta Nazionale Comitato Paralimpico Italiano Commissione Scuola
Luana Ugolini - Delegata Scuola CIP Provincia di Rimini

Il progetto nasce dal Comitato Paralimpico Italiano, e il Comune di Rimini lo ha sposato in toto. Si tratta di offrire alle classi delle scuole partecipanti 10 ore di attività fisica con esperti del CIP, legati a discipline che valorizzino i disabili presenti, e permettano a tutti di giocare o esercitarsi allo stesso modo. Vuol dire che per dieci ore le attività saranno tutte a "misura di tutti i bambini", rendendo tutti protagonisti e nessuno escluso.

Samuele Zerbini: "Si tratta di un progetto nel quale credo molto, perché ci sono le "barriere architettoniche mentali" da abbattere. Abbiamo deciso di finanziare per la nostra quota tutte le scuole riminesi che ne avessero fatto richiesta: su 64 classi totali in Provincia, a Rimini ce ne sono ben 54 che hanno deciso di partecipare al progetto. Nel futuro mi piacerebbe potenziarla di più, aumentando le classi e aggiungendo anche altre iniziative."

Emanuele Pagnini: "E'un progetto a cui teniamo, perchè permette di offrire attività a tutti: partito due anni fa con due classi, l'anno scorso hanno partecipato 24 classi, e quest'anno l'esplosione con 64 classi. Lo sport diventa così il mezzo per l'integrazione, non solo immaginata ma concreta. Ciascuno ha il suo ruolo, ciascuno è fondamentale che ci sia non è più solo uno slogan, ma una verità evidente."

Luana Ugolini "Gli sport vengono adattati alla particolare situazione di ogni classe: qualsiasi attività diventa così l'occasione in cui ogni bambino o ragazzo può essere protagonista."

Melissa Milani "Porto anche il saluto del Presidente Nazionale. Ho visto nascere questo progetto, che è diventato il fiore all'occhiello dell'Associazione. Per questo sono molto contenta, e ringrazio l'Assessore Zerbini ed il Comune di Rimini senza il quale non avremmo potuto raggiungere questi numeri."

Foto dal servizio de La Voce (anche Carlino e Corriere hanno pubblicato la notizia)

sabato 26 marzo 2011

Il ruolo della Metafisica nell'Educazione alla Sostenibilità

di Marco Malagoli
Consulta Regionale Emilia Romagna Pastorale Sociale e del Lavoro – ambito Salvaguardia del Creato

E’ la sua capacità metafisica che consente all’uomo di individuare ogni chiusura alla trascendenza che si cela nell’ambito di un confronto culturale o religioso. E’ una capacità che va custodita e coltivata se si cerca lo sviluppo in senso umano ed integrale. Lo studio degli attuali e la ricerca di nuovi modelli di sostenibilità individuano sempre più chiaramente l’educazione quale elemento centrale di riferimento. Ma proprio l’educazione alla sostenibilità può nascondere sottili insidie nel proporli. E’ in questa prospettiva che si vorrebbe investigare il ruolo del pensiero metafisico (relativamente ai temi del senso dell’educazione, dell’unità del sapere, della questione antropologica in termini di apertura alla trascendenza) quale strumento di sviluppo per il dialogo tra culture e religioni, per l’insegnamento della religione cattolica, per il rapporto tra scienza e religione nell’insegnamento scolastico. Obiettivo del presente lavoro è anche quello di presentare la salvaguardia del creato come ambito privilegiato per l’introduzione di questa prospettiva metafisica nei dibattiti attuali in materia di sostenibilità.
Sin dal momento in cui il concetto di sviluppo sostenibile nelle sue tre dimensioni (economica, ambientale e sociale) viene fatto proprio dalle Nazioni Unite nel 1987 con il rapporto Brundtland, l’Assemblea Generale analizza il ruolo che l’educazione può esercitare nei suoi confronti. Nelle Conferenze, che negli anni ’90 affrontano e sviluppano i temi della sostenibilità, l’educazione viene considerata uno dei fattori chiave per l’attuazione delle strategie d’azione per lo sviluppo.

Clicca qui per scaricare l'articolo di Marco Malagoli

domenica 6 marzo 2011

Un piano strategico anche per il mare

a cura di Gianfranco Cellarosi
Presidente associazione “per il Parco Marino Subacqueo a Rimini”
e
Carlo Pantaleo
Presidente Associazione Centro Studi Nuove Generazioni


“L’idea, ossessiva, di adottare un pezzettino di mare riminese, per tentare di proteggerlo, di rinvigorirlo, di vezzeggiarlo offrendogli un abito nuovo, un abito naturale nella innaturalità dello sfruttamento intensivo ed insostenibile da parte dell’uomo che l’originale abito ha via via fin qui lacerato, ci ha portato tutti alla determinazione di creare un’associazione, di uomini e di associazioni”.
Così un insigne personaggio della realtà subacquea Riminese iniziò la sua arringa due anni fa, durante la presentazione dell’associazione per il Parco Marino Subacqueo a Rimini. Noi ci credevamo e ancora ci vogliamo credere allo slogan del Piano Strategico: “andare al mare sarà come andare al parco”. Non lo abbiamo coniato noi ma da molto prima abbiamo questo progetto da realizzare.

Clicca qui per scaricare l'articolo completo


L'articolo è stato pubblicato dal quotidiano "La Voce di Rimini" del 6 marzo 2011



Nelle Vision del Piano Stategico il 1° AMBITO - UN NUOVO RAPPORTO COL MARE
Un nuovo valore conferito al mare: da sfondo diventa presenza centrale

Il nuovo ruolo del mare con il Sea Welness. Il Parco del Mare come elemento di riconnessioni verdi. Il lungomare come spazio culturale e di riqualificazione turistica e ricettiva. Un nuovo rapporto con l'Adriatico attraverso le azioni Adriapolis/Adrialeaders.

Il nuovo ruolo del mare
Un nuovo valore viene conferito al mare: da sfondo torna ad essere presenza centrale, elemento fondante di un nuovo concetto di benessere, che genera un nuovo concept di turismo, il Sea Wellness.
Si tratta di un nuovo approccio che rifonda il turismo balneare, dà un valore aggiunto agli altri turismi (congressuale, fieristico, culturale, sportivo, etc) e fa vivere 365 giorni all’anno il mare, il lungomare e la fascia turistica anche a beneficio della città e dei residenti.
Fondamentale per la sua realizzazione è la tutela e la valorizzazione della qualità delle acque del mare e della rete fluviale attraverso: eliminazione completa degli scarichi inquinanti tutto l'anno, incentivazione riduzione consumi anche con riutilizzazione acque reflue e meteoriche, interventi di rinaturalizzazione e fitodepurazione.
Un mare pulito sarà anche la base su cui creare un sistema diffuso di Spa marine, che costituiranno un’offerta differenziata di trattamenti e servizi incentrati sul valore benefico dell’acqua di mare ma anche della sabbia, dell'aria marina e del sole.