Intervista al prof. Luciano Corradini
professore emerito nell’Università di RomaTre
a cura di Rinaldo Stracquadanio
per la rivista Magister, Anno 2, n.1
Il dpr firmato da Aldo Moro nel 1958 prevedeva, per l‘educazione civica, due ore al mese affidate all‘insegnante di storia, senza voto distinto. Oggi, in assenza di una sperimentazione e di una decisione ministeriale in merito, siamo in certo senso più avanti, perché ne parla una legge, ma in certo senso più indietro, perché non c‘è alcuna norma applicativa della volontà della legge. Occorre molta buona volontà per applicarne lo spirito, oltre le limitazioni di orario.
D. Come risolvere il dilemma?
R. Se la casa si è rimpicciolita per ragioni di emergenza, ci si stringe. Ma si vuole veramente bene, non solo in termini affettivi, alla Costituzione? Come si può promuoverne la conoscenza limitandosi a farne qualche cenno in storia? Quanto alle competenze sociali e civiche di cui parla chiaramente l'Europa, tutti sanno che c‘è in Italia un grande analfabetismo etico, giuridico, politico, come c'è analfabetismo linguistico in molte persone insospettabili, perfino in Università. Non per questo si abolisce l'italiano. Perché non dare spazio anche all'area etico-politico-giuridico-economica, avendo come carta di navigazione la Carta costituzionale?
D. Cosa possono e debbono fare i docenti?
R. Bisogna insegnare a imparare, a pensare i fatti in relazione ai principi, e viceversa. E' come accorgersi che metà della finestra è aperta, per evitare di sbattere contro i vetri chiusi, come fanno i mosconi. Certo gli insegnanti non devono presentarsi agli studenti come partigiani di tesi precostituite e fare battaglie politiche in classe. Ma non possono neppure chiudere gli occhi davanti alla realtà e alle domande dei ragazzi.
Non si tratta di indottrinare i ragazzi con una sorta di “catechismo di stato” come paventa un Ernesto Galli della Loggia, editorialista del Corriere della Sera. La Costituzione non è un feticcio immutabile, ma un bene prezioso da comprendere come conquista fatta faticosamente e da utilizzare come luce orientante di una cultura e di una politica che non vogliano più ricadere nella barbarie del totalitarismo.
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