mercoledì 6 aprile 2011

Etica e impresa: come e perché 'ritornare' a Polanyi

di Michele La Rosa
Già docente ordinario di “Sociologia del lavoro” presso la Facoltà di Scienze Politiche di Bologna dove insegna anche “Sociologia economica” e “Management e gestione delle risorse umane”. Già presidente del Corso di laurea in Sociologia e del Corso di laurea specialistica in “Occupazione, mercato, ambiente” della medesima Facoltà. Nell’ambito del Dipartimento di Sociologia di Bologna (ove è membro di Giunta), dirige il C.I.Do.S.Pe.L., Centro Interdipartimentale di Documentazione e Studi Sociologici sui Problemi del Lavoro.

Esistono infatti approcci teorico-filosofici che riconoscono la realtà individuale come unica entità di riferimento e che dunque fanno risalire i principi etici ad un contratto sociale stipulato fra individui senza considerazione per la società, se non come insieme di individui che, nella misura in cui si trovano ad operare assieme, stipulano patti reciproci che rispettano le esigenze dei soggetti fino al punto in cui non danneggiano l’altro. Numerosi sono gli orientamenti riconoscibili - seppur in forme differenti - in tale approccio, come quello libertario, quello liberal-democratico, contrattualista e/o neo-contrattualista.
Dall’altro lato, in specie negli anni a noi più recenti, contestualmente alla nascita, sviluppo e consolidamento delle politiche di Welfare State, si confrontano gli approcci che in qualche modo riconoscono un ruolo ‘forte’ alla struttura ed alle istituzioni, con una accezione del bene comune a cui gli individui devono adattarsi accettando i limiti definiti dal momento pubblico, in specie per porre rimedio ai “fallimenti del mercato”. Recentemente quest’ultimo approccio è stato messo fortemente in discussione contrapponendo i fallimenti dello Stato a quelli del mercato e del momento pubblico all’azione privatistico individuale.
Ma, come si può ben rilevare, nessun approccio può dirsi risolutivo e dominante; dunque, ne deriva che una concezione dell’etica, come afferma Mazzocchi “in una società concreta e reale deve necessariamente fare riferimento ad una pluralità di criteri, cioè non può che essere una concezione complessa” (Mazzocchi G., Quale giustizia sociale? Frutto di un patto fra gli individui? Concezione e prassi di una comunità? Obiettivi, significato e metodo di una ricerca, in Mazzocchi G.- Villani A. (a cura di), op. cit).
Ed è proprio a questo punto che “entra in gioco” - a nostro parere - la proposta di Polanyi, o meglio una specifica interpretazione che intendiamo avanzare di tale proposta riferendola appunto al tema dell’etica economica. Peraltro già in Weber (ne facciamo, peraltro, un solo accenno) la razionalizzazione è un processo che implica agire razionale di natura utilitaristica (agire razionale rispetto allo scopo) ma anche altre tipologie di agire (soprattutto un agire razionale rispetto ai valori) ugualmente essenziali per garantire la comunità nel suo complesso.

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