venerdì 15 aprile 2011

Il lavoro come problema

di Michele La Rosa
Già docente ordinario di “Sociologia del lavoro” presso la Facoltà di Scienze Politiche di Bologna dove insegna anche “Sociologia economica” e “Management e gestione delle risorse umane”. Già presidente del Corso di laurea in Sociologia e del Corso di laurea specialistica in “Occupazione, mercato, ambiente” della medesima Facoltà. Nell’ambito del Dipartimento di Sociologia di Bologna (ove è membro di Giunta), dirige il C.I.Do.S.Pe.L., Centro Interdipartimentale di Documentazione e Studi Sociologici sui Problemi del Lavoro.

Chi ha già un lavoro aspira contrattualmente e nei fatti a vedere sempre migliorata la propria situazione e condizione in termini che noi definiamo di migliore qualità del lavoro dal punto di vista economico, ergonomico, della professionalità e dell'autonomia. La qual cosa non significa sempre e necessariamente una politica a favore di coloro che un lavoro non hanno ancora; anzi sia in termini di tempi che di remunerazione (monetaria e non) non sono mancati casi di contrapposizione a volte anche lacerante con le ragioni dei disoccupati.
Qui sta la ragione della non automaticità, come abbiamo già avuto occasione di affermare in altre sedi, dello slogan “lavorare meno per lavorare tutti” e qui risiede l'esigenza di ricomporre una politica del lavoro compatibile con le esigenze di tutti i soggetti che hanno ugualmente tutti diritto ad un lavoro e, nel contempo, ad un lavoro sempre migliore in qualità. Noi riteniamo, dunque, che una prima urgenza sia proprio quella di operare perché i lavoratori avvertano costantemente il problema della mancanza del lavoro per molti loro colleghi, anche perché detta condizione potrebbe investirli da un momento all'altro, e si orientino ad una politica ‘unitaria’ per migliorare il loro lavoro e per allargare le presenze sul lavoro nell'ambito di una logica che non coniuga oramai più sviluppo ed occupazione, evitando inutili e dannose guerre fratricide o dicotomie non comprensibili.

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