domenica 18 aprile 2010

Intervista ad Alessandro Roncaglia - La strategia delle riforme in Paolo Sylos Labini

a cura di Carlo Pantaleo
Associazione Centro Studi Nuove Generazioni

Appunti dal seminario “Paolo Sylos Labini, economista e cittadino”
Tenuto da Alessandro Roncaglia, Università La Sapienza

Il terzo dei seminari “Governare la crisi, il contributo del pensiero economico italiano” ha avuto come titolo “Paolo Sylos Labini, economista e cittadino”. E’ stato tenuto da Alessandro Roncaglia, professore ordinario di Economia politica nella Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università di Roma La Sapienza. E’ socio nazionale dell’Accademia dei Lincei. Tra le sue pubblicazioni: “Sraffa. La biografia, l’opera, le scuole”, con Sylos Labini “Il pensiero economico. Temi e protagonisti”. Inoltre “Il mito della mano invisibile”, “La ricchezza delle idee. Storia del pensiero economico”, con Pietro Rossi e Massimo L. Salvatori “Libertà, giustizia, laicità. In ricordo di Paolo Sylos Labini”, e infine “Lineamenti di economia politica”.
L’autore trattato è Paolo Sylos Labini (1920-2005), uno dei maggiori economisti italiani. Nella sua vasta produzione saggistica si contano titoli che sono rimasti capisaldi del pensiero economico, a partire da “Oligopolio e progresso tecnico” che gli ha dato sin dal 1956 prestigio internazionale, portandolo alle soglie del Premio Nobel. Ha insegnato istituzioni di economia politica alla facoltà di Scienze statistiche, demografiche e attuariali dell’Università di Roma La Sapienza. Ha dato contributi su un ampio spettro di argomenti, teorici e applicati, sintetizzati nel suo modello dell’economia italiana. In vari lavori ha sottolineato il nesso tra sviluppo economico e sviluppo civile. Con il suo impegno civile ha fornito un chiaro esempio del nesso tra ricerca e impegno civico e morale. Il suo agire fu ispirato alla ricerca dell’interesse generale, per questo non esitò ad assumere posizioni di aperta polemica, scegliendo la via della denuncia, ove necessaria. Mai cedette alla tentazione del protagonismo di una popolarità a buon mercato, troppo elevata era la concezione delle istituzioni, “troppo forte l’attaccamento al Paese” (Carlo Azeglio Ciampi). Tra i suoi saggi: “Sindacati, inflazione e produttività”, “Saggio sulle classi sociali”, “Problemi dello sviluppo economico”, “Il sottosviluppo e l’economia contemporanea”, “Le forze dello sviluppo e del declino”, “Nuove tecnologie e disoccupazione”, “Elementi di dinamica economica”, “Progresso tecnico e disoccupazione”, “Sottosviluppo. Una strategia di riforme”, “Torniamo ai classici. Produttività del lavoro, progresso tecnico e sviluppo economico” e “Miseria e sottosviluppo. Come uscirne”. Infine ricordiamo “Per la ripresa del riformismo” in cui insieme a Roncaglia, raccoglie una serie di articoli sulla tradizione riformatrice e con brevi introduzioni e passi scelti dalle opere principali collocandoli in sequenza logica e inquadrandoli.

Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito dell'Associazione Paolo Sylos Labini.

Quelle che seguono sono le domande che abbiamo posto al prof. Roncaglia nello specifico su Sylos Labini, e le altre, comuni anche agli altri relatori, sull'attuale situazione.

DOMANDE

Quale nesso in Paolo Sylos Labini tra sviluppo economico e sviluppo civile?

È convinzione diffusa che lo sviluppo economico porti automaticamente con sé lo sviluppo civile, quasi che fra i due processi sussista un rapporto di causa ed effetto. Ora, è certo che coloro che stentano a soddisfare i bisogni elementari hanno ben limitate possibilità di progressi nella sfera non economica; ed è certo che per costruire le infrastrutture necessarie all’incivilimento di un paese occorre una crescente disponibilità di risorse. Ma questa, se è una condizione necessaria, non rappresenta anche una condizione sufficiente. D’altra parte, se non sussistono certi prerequisiti fondamentali nell’area dello sviluppo civile, come per esempio un certo livello minimo d’istruzione, lo sviluppo economico non è possibile. La verità è che conviene ragionare non in termini dì causa ed effetto, ma in termini d’interazione.
Nel processo di sviluppo economico i fattori naturali — risorse e clima — sono certamente importanti; ma ben più importanti sono i fattori culturali, in primo luogo quelli che si collegano col livello d’istruzione della popolazione e col progresso scientifico e tecnico. La condizione essenziale dello sviluppo economico è costituita proprio da tale progresso: senza il flusso quasi continuo delle invenzioni e, derivatamente, delle innovazioni che danno luogo a nuovi processi, a nuovi beni di consumo e a nuovi materiali, a lungo andare lo sviluppo economico tenderebbe necessariamente ad annullarsi, a causa dei rendimenti decrescenti delle terre e delle miniere. In particolare, per l'Africa viene raccomandata una strategia di riforme organizzative, incluso un programma per sradicare l'analfabetismo e per promuovere lo sviluppo rurale e la nascita di distretti industriali.
Sylos si sofferma in vari lavori sul nesso che intercorre tra sviluppo economico e sviluppo civile promuovendo una strategia di riforme istituzionali. Troviamo qui anche le radici dei suoi interventi in campo politico, diretti a sollecitare il rispetto di quelle regole civiche che sono essenziali per la convivenza e per il progresso sociale. Sono questi i temi in cui i richiami ad Adam Smith sono più frequenti, specie dopo la lettura della “Teoria dei sentimenti morali” agli inizi degli anni Novanta. Il perseguimento dell’interesse personale, che è al centro dell’analisi nella “Ricchezza delle nazioni”, non va inteso come egoismo assoluto, ma come parte di un complesso insieme di motivazioni all’agire di cui fa parte essenziale la cosiddetta “morale della simpatia”, sviluppata da Smith stesso nella Teoria dei sentimenti morali. Come Smith, anche Sylos sostiene che lo sviluppo economico può favorire lo sviluppo civile della società, mentre quest’ultimo è a sua volta una condizione fondamentale per uno sviluppo economico sostenibile.

Dall’analisi del funzionamento del mercato oligopolistico quale contributo si può ricavare per i processi di uscita dal sottosviluppo e per la perpetuazione stessa dello sviluppo?

L’analisi delle forme di mercato costituisce per Sylos una chiave di lettura anche per i problemi del cambiamento tecnologico e della distribuzione del reddito.
Per il progresso tecnico, già nel libro del 1956 Sylos sottolinea come i suoi effetti sull’economia siano condizionati dalla forma di mercato prevalente. In concorrenza, il miglioramento delle tecniche produttive mette in moto una catena di riduzioni di costo, maggiori profitti, aumenti di produzione, riduzioni di prezzo; le riduzioni di prezzo a loro volta si traducono in riduzioni dei costi in altri settori dell’economia, generando ondate successive di riduzioni dei prezzi ed aumenti della produzione. In un sistema economico oligopolistico, invece, le riduzioni di costi permesse dal progresso tecnico tendono a tradursi in aumenti dei salari e dei profitti nel settore in cui sono introdotte, senza le ondate di ripercussioni a catena che si verificano nel caso della concorrenza. Questo porta a una tendenza al ristagno nelle economie oligopolistiche rispetto a quelle concorrenziali.
Per Sylos occorre tenere conto del fatto che salari e prezzi non sono determinati in mercati perfettamente concorrenziali; quando la forma di mercato dominante è l'oligopolio, l'utilizzazione del mark-up come criterio per la fissazione dei prezzi da parte delle imprese interagisce con la contrattazione sui salari monetari fra sindacati e confederazioni industriali, determinando, assieme al cambiamento tecnologico, il sentiero della distribuzione del reddito. Una concezione realistica dei nessi tra distribuzione, crescita economica e occupazione porta Sylos a rifiutare le schematizzazioni della teoria economica mainstream e il trade-off frontale tra salario e occupazione, e a cercare piuttosto le soluzioni concrete che permettano di conciliare sviluppo dell'economia e aumento del potere d'acquisto dei lavoratori.
Di qui deriva una partecipazione continua al dibattito di politica economica per un vero sviluppo, anche tramite articoli sui maggiori quotidiani, con proposte originali e prese di posizione spesso controcorrente, che gli sono valse rispetto e ostilità da destra come da sinistra. Sylos fu sostenitore di una politica di accordi tra le parti sociali quale quella realizzata dall'allora ministro del Tesoro Ciampi nel 1992-93, fu contrario alle politiche corporative, fu fautore di una maggiore flessibilità dei contratti di lavoro quando nessuno ne parlava (il che, assieme al suo sostegno all'abolizione del punto unico di scala mobile, gli valse l'inclusione tra gli obiettivi delle Brigate Rosse) e oppositore di una liberalizzazione generalizzata del mercato del lavoro quando questa era ormai diventata la parola d'ordine acriticamente dominante, fu favorevole al sostegno pubblico all'economia ma contrario alla proprietà pubblica come fine in sé e ai “salvataggi di Stato”.

Qual è il modello di Labini dell’economia, anche confrontandola con l’interpretazione data da Franco Modigliani?

Sylos distingue tra due tipi di oligopolio, quello concentrato e quello differenziato. Nel primo la barriera all’entrata è collegata a un rapporto elevato tra costi fissi e costi variabili e all’esistenza di discontinuità tecnologiche, per cui le dimensioni ottimali dell’impianto corrispondono a una quota significativa della produzione complessiva dell’industria considerata. Nel caso dell’oligopolio differenziato, invece, le barriere all’entrata sono date da forme di differenziazione del prodotto basate su pubblicità e marchi. Sempre nel 1956, quindi contemporaneamente a Sylos e indipendentemente da lui, in America Joe Bain pubblica un libro in cui propone una teoria simile, ma limitata a quello che Sylos chiama l’oligopolio differenziato.
Mettendo al centro dell’analisi l’oligopolio concentrato, Sylos può far vedere appunto che il potere di mercato delle imprese va ricondotto non solo e non tanto alle cosiddette imperfezioni del mercato, ma anche e soprattutto a qualcosa di più fondamentale, la tecnologia della produzione su larga scala.
Nel 1958, poi, Modigliani pubblica sul Journal of Political Economy un articolo, “New developments on the oligopoly front”, che è un’ampia recensione dei lavori di Sylos e Bain; in esso Modigliani propone una versione della loro teoria sintetizzata in un modello che rientra nella tradizionale analisi neoclassica dell’equilibrio dell’impresa e dell’industria basato su curve di domanda e di offerta; da caso generale, l’oligopolio torna a essere una forma di mercato particolare. La teoria è entrata nei libri di testo in questa versione, nota come modello Bain-Sylos-Modigliani. L’articolo di Franco Modigliani (amico di una vita di Sylos, fin dagli anni Quaranta quando si conoscono in America), che ha portato la teoria di Sylos (e quella di Bain) all’attenzione degli economisti anglosassoni, ha però sintetizzato queste teorie nei termini di un modello neoclassico statico di analisi parziale, relativo al caso di una forma di mercato particolare; questo fatto ha oscurato gli aspetti dinamici dell’analisi di Sylos, la sua natura di analisi generale delle forme di mercato e il suo radicamento nell’economia politica classica.
In questo modo si perdono di vista vari aspetti importanti del libro di Sylos, in particolare la natura dinamica della sua analisi, sviluppata nella seconda parte del libro, in cui Sylos studia le relazioni tra andamento della produttività, dei prezzi e della distribuzione del reddito. Sylos sottolinea le differenze tra il modello di Modigliani e la sua analisi in uno dei suoi ultimi lavori, la sua relazione al convegno in ricordo di Modigliani organizzato presso l’Accademia nel 2005.

Quali sono gli elementi necessari “per la ripresa del riformismo”?

I filoni riformisti sono accomunati dall’obiettivo di cambiare la società attraverso modifiche graduali per ridurre le disuguaglianze e ampliare le libertà. La contrapposizione tra riformisti e rivoluzionari riguarda non solo e non tanto il realismo dei rispettivi progetti politici, quanto l’attenzione che i riformisti dedicano ai costi del cambiamento, e ai modi di realizzarlo, rispetto ai fini: i mezzi adottati, in effetti, influenzano la stessa qualità dei fini che si vogliono raggiungere. L'idea è che le forze migliori di una società civile debbano contrastare la formazione di sacche di miseria, civile e culturale oltre che economica. A questo punto, il matrimonio tra la tradizione socialista e quella liberale progressista, già proposto in tempi e modi diversi da Carlo Rosselli e da Gobetti, da Ernesto Rossi e da Bobbio, torna a riproporsi non solo come pienamente attuale ma come idea per certi aspetti e in qualche misura già realizzata nelle socialdemocrazie europee. In una società democratica, il sostenitore di riforme ha l’obbligo di ragionare in concreto, considerando gli effetti delle politiche da lui proposte sui diversi strati sociali e articolando le sue proposte in modo da ottenere consensi sufficienti alla loro realizzazione. Questo significa avere una visione sufficientemente corretta della società e della distribuzione del potere al suo interno, e dell’evoluzione di questi elementi fondamentali. Per la ripresa del riformismo emergono almeno cinque grandi temi:
1.Proposte per la democrazia industriale: partecipazione dei lavoratori agli utili, agli aumenti di produttività, alle decisioni riguardanti gli investimenti e le innovazioni, alle assegnazione delle mansioni; azionariato popolare e diverse forme di cogestione.
2. La scuola, la formazione, il lavoro e la ricerca. Lavori non alienanti e lavori gratificanti.
3. La riforma del mercato del lavoro, gli ammortizzatori sociali e le garanzie per le nuove figure di lavoratori.
4. La riorganizzazione dello stato sociale.
5. L’Europa e i diritti civili. L’azione europea per l’ambiente, le migrazioni e per l’Africa sub-sahariana. Tre centri d’iniziativa e di coordinamento (istruzione, formazione di esperti, sanità).

Queste sono le domande comuni per le interviste:

In questo autore quale contributo al pensiero economico italiano si riconosce nella sua azione e riflessione?

I contributi di Sylos sono molti, e di tipo diverso. Ne ricordo solo due: la sua teoria dell’oligopolio e il suo “Saggio sulle classi sociali”. La prima è proposta in un libro del 1956, tradotto in molte lingue e ristampato varie volte in italiano. Si tratta di una tesi contraria alla teoria neoclassica dominante, secondo cui la concorrenza dipende dalla numerosità delle imprese attive in un mercato. Secondo Sylos, invece, la concorrenza è data dalla libertà di ingresso di nuove imprese in un settore. In genere, l’ingresso è possibile ma al costo di superare una certa “barriera all’entrata”, che dipende da vari fattori, come la necessità di costruire grossi impianti o le spese pubblicitarie necessarie a rendere noto un nuovo marchio.
Nel “Saggio sulle classi sociali” invece Sylos si oppone alla tesi di Marx, di un bipolarismo tra capitalisti e proletari, e alla tesi di un inevitabile crollo del capitalismo per via della crescita del proletariato. Sylos mostra, dati alla mano, che tra le due classi contrapposte cresce un ceto medio, destinato a divenire maggioritario, con conseguenze importantissime sia per l’analisi della società sia per le strategie politiche.

Per rilanciare l'economia mondiale quale insegnamento si può trarre dalla storia economica in generale e in particolare dai contributi di quest’autore?

La crisi internazionale era stata prevista da Sylos in un articolo pubblicato su “Moneta e Credito” (e, in inglese, su BNL Quarterly Review) nel 2003. Sylos sottolineava sia i rischi derivanti dalla crescita dei mutui immobiliari, sia quelli derivanti dagli squilibri nella bilancia dei pagamenti statunitensi e nella crescente finanziarizzazione dell’economia. I rimedi spaziano su un ampio fronte, ma riguardano soprattutto la regolazione dei mercati finanziari e le politiche macroeconomiche.
C’è però un altro aspetto, che riguarda in modo specifico l’Italia. Qui il problema consiste in un decennio di graduale perdita di terreno rispetto ai nostri partners europei. Abbiamo avuto sia un aumento lieve ma sistematicamente superiore dei prezzi, sia una più lenta crescita della produttività. Per controbilanciare questa pericolosissima tendenza, occorre un ampio spettro di politiche, in particolare (ma certo non solo) stimoli alla ricerca e all’istruzione.

In tempo di crisi economica diventa ancor più importante lo sviluppo locale. Quali leve muovere per innescare lo sviluppo autonomo di aree produttive territoriali fortemente specializzate, come lo sono quella riminese riguardo turismo e manifatturiero?

Sylos aveva fatto, negli ultimi anni, varie proposte di sostegno ai distretti industriali. Forse è difficile qualificare il turismo di Rimini come un distretto industriale. Resta il fatto che una maggiore efficienza del “sistema Italia” nel suo complesso è necessaria per la competitività internazionale di ogni area locale, quindi anche del settore turistico di Rimini.

I Comuni, le Provincie, storicamente sono state il riferimento dell'Italia, il tessuto sul quale si è creato quel municipalismo naturale che ha costruito l'Italia. Quali sono i punti di forza ed i limiti delle azioni che dal livello locale tentino di fronteggiare la crisi -oggi di tipo internazionale e finanziario- e vincere così la sfida?

Ogni cittadino è allo stesso tempo membro di una comunità locale e di una comunità più ampia, nazionale ed europea. Quindi, deve agire come cittadino della comunità più ampia oltre che della comunità locale, se vuole contribuire al superamento della crisi. Questo vale non solo sul piano strettamente economico, ma anche sul piano, oggi decisivo, di un rilancio civile ed etico del nostro Paese.

Nessun commento:

Posta un commento

Prima di lasciare un commento, controllare le istruzioni nella pagina: "Nuove Generazioni: fine e metodo"