mercoledì 24 agosto 2011

L'azione sociale del sindacato verso i lavoratori "scoraggiati" e come si può salvare questo Paese?

di Floriano Roncarati
Collaboratore a diverse testate giornalistiche, è componente dell’Ufficio Stampa della FID; conduce dagli Studi dell’emittente “Ciao Radio” di Bologna la trasmissione sportiva “Fari puntati su…” e cura una rubrica di motorismo, è membro dell’”Osservatorio regionale sull’associazionismo di promozione sociale” della Regione Emilia – Romagna ed è componente della “Lega Pensionati Cisl San Vitale – Bologna”

La Banca d’Italia nella serie “Economie regionali”, ha diffuso uno studio su “L'economia delle regioni italiane” che si apre con l'analisi della evoluzione territoriale, nell'anno 2009 e nei primi mesi del 2010, dell'attività produttiva, del mercato del lavoro, degli aggregati creditizi e della finanza pubblica decentrata. Il dossier n. 85 del luglio 2010 ha la finalità di presentare studi e documentazione sugli aspetti territoriali dell’economia italiana; dall’approfondimento emerge che la recessione ha coinvolto tutti i settori e le aree geografiche...
Un fenomeno che acquista un rilievo sempre maggiore è quello degli “scoraggiati” che per la maggior parte sono persone che non hanno cercato lavoro in quanto ritengono che la situazione economica corrente renda per loro improbabile trovarlo. È frequente che nei periodi di avversa congiuntura economica, si rilevi una contrazione della forza lavoro, dovuta in parte all’aumento del numero di lavoratori “scoraggiati”.
Il problema dell’economia italiana, non è mai superfluo ricordarlo, è la difficoltà strutturale a crescere. Il compito, difficile, della politica economica è cambiare questo stato di cose riducendo al tempo stesso l’incidenza del debito pubblico sul prodotto.
Nell’anno del 150° dell’Unità d’Italia prendiamo atto che nel mondo le condizioni sono profondamente cambiate, ma rimane intatta l’esigenza per il nostro paese di avere una classe politica, imprenditoriale, sindacale, sociale, integerrima che sappia mettere il “bene comune” al primo posto.
Altrimenti questo paese non si salva….
È moralismo?

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