venerdì 12 agosto 2011

Una crisi spirituale di sistema

di Luciano Nicastro - Filosofo e sociologo
Professore di Filosofia della Religione - Facoltà Teologica di Sicilia a Palermo

Capitolo 1 di “I diritti sociali dei migranti nella Caritas in Veritate”

Il primo capitale è l’uomo
Papa Benedetto XVI


1.1 - Le sfide globali e locali
Negli ultimi venti anni il mondo è cambiato profondamente e velocemente. Le dinamiche sociali ed economiche, politiche e tecniche, culturali e religiose sono cambiate. Deve cambiare anche la strategia di fronte ad uno scenario così mutato, soprattutto a livello etico, politico e pastorale. Il mito dell’autorealizzazione solitaria dell’individuo “faber fortunae suae” è entrato in crisi e con esso la principale categoria del pensiero moderno. Non è possibile per l’individuo realizzarsi in solitudine senza asservire l’altro o essere asservito. La relazionalità è una necessità di fatto e di vocazione umana. La relazione di reciprocità e di aiuto è diventata una necessità morale, sociale ed esistenziale per la stessa salute umana individuale e sociale e non deriva solo da una intersoggettività consapevole e oblativa, ma anche da una dialettica di fraternità come espressione di una comune filosofia spirituale e di un’etica del dono reciproco. La stessa globalizzazione ha messo in evidenza un quadro di fenomeni che intercettano direttamente la questione antropologica come questione di senso finale di ogni agire umano e la questione teologica come ragione di senso primo e ultimo dell’esistenza e della stessa economia politica.

1.2 - Ogni migrante è una persona umana
Se le migrazioni sono un fenomeno epocale e globale (par. 62) e se “Ogni migrante è una persona umana!” (p. 104 della C. in V.), la violazione della dignità del lavoro umano (par. 63) va perseguita con una nuova legalità inclusiva e non razzista. Contraria a questo principio di civiltà giuridica, umana e cristiana, è l’invenzione assurda e contraddittoria del reato di clandestinità nel nostro Paese. L’immigrazione “povera” o “necessitata”, ipso facto, non esistendo canali regolari, non può essere che clandestina sia per motivi economici che burocratici che culturali. Si nasce poveri, si diventa clandestini.

1.3 - Addio Abdoul, piccola vedetta “italiana”
L’immigrato povero viene da noi e diventa per ciò stesso clandestino e da straniero un nemico da respingere. L’immigrato regolare viene emarginato e non integrato, ghettizzato e lacerato nella sua identità e dignità. È emblematico il caso drammatico di Abdul. La via dell’integrazione degli immigrati italiani ha ora anche i suoi Martiri e non solo le sue croci. È stato ammazzato a sprangate a Milano, capitale economica di Italia, per un pacco di biscotti, sottratti ad un negozio vicino alla stazione centrale, un giovane di 19 anni che sognava un’Italia multiculturale in cui vivere bene e in pace...
Ci vuole un salto di qualità, una inversione di marcia e di stile nella politica governativa sulla sicurezza. Ci vuole maggiore sobrietà e incisività “silenziosa”: meno clamore mediatico e più azione in profondità utilizzando l’associazionismo democratico di tipo civile e sindacale. Gli immigrati devono avere la chiara percezione che lo Stato democratico è ormai dalla loro parte anche se sono clandestini perché non sono per ciò stesso manovalanza della criminalità.

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