Docente universitaria di psicologia sociale
L’attuale situazione di crisi economica e la grave incertezza nel futuro che ad essa si collega costituiscono una cornice in cui il problema della transizione particolarmente lenta verso l’indipendenza sociale e psicologica adulta delle giovani generazioni italiane, già registrato in fasi meno drammatiche di difficoltà economica, si acuisce. Negli ultimi anni, forse anche a ragione delle più frequenti occasioni di contatto interculturale proprie dell’epoca storica che stiamo vivendo, la consapevolezza sociale diffusa di tale particolarità culturale italiana si è amplificata: ne è un esempio l’espressione, di certo infelice ma significativa, con cui un noto uomo politico ha polemicamente descritto i giovani adulti italiani, definendoli dei “bamboccioni”. Le brevi note che seguono vogliono offrire alcune considerazioni sugli aspetti psico-sociali di questo complesso problema – che evidentemente può essere compreso solo tramite un serrato confronto tra ragioni di tipo storico, economico, psico-sociale e culturale.
L’aspetto che credo sia cruciale nella riflessione psico-sociale italiana attuale sul tema è l’evidenziazione della necessità di leggere questa situazione non solo e non tanto nei termini di un disagio psicologico individuale, ma anche e soprattutto nella cornice più complessa dell’equilibrio tra le generazioni. In questa linea di ricerca psico-sociale, a mio avviso molto interessante e innovativa, la lentezza nell’acquisizione dell’autonomia adulta che distingue la situazione dei giovani italiani – e più in generale di tutti i giovani mediterranei – viene interpretata infatti come una difficoltà nell’equilibrio intergenerazionale, caratteristica di questi contesti culturali (cfr. Scabini & Iafrate, 2003).
Tre sono gli aspetti centrali di questa lettura delle dimensioni psico-sociali di quella che viene definita come “transizione mediterranea” alla adultità.
Il primo riguarda i modelli teorici che descrivono il ciclo di vita familiare e sociale, che porta ad introdurre nuovi adulti nel contesto sociale.
Il secondo riguarda i rapporti tra transizione familiare e transizione sociale, e quindi l’equilibrio tra responsabilità familiari dirette e responsabilità sociali diffuse.
Il terzo, infine, riguarda gli aspetti ambivalenti o paradossali delle relazioni di aiuto, e in particolar modo la differenza tra lo scambio di aiuto orientato alla dipendenza e lo scambio di aiuto orientato all’autonomia (Nadler, 1997; 2002).
L’aspetto che credo sia cruciale nella riflessione psico-sociale italiana attuale sul tema è l’evidenziazione della necessità di leggere questa situazione non solo e non tanto nei termini di un disagio psicologico individuale, ma anche e soprattutto nella cornice più complessa dell’equilibrio tra le generazioni. In questa linea di ricerca psico-sociale, a mio avviso molto interessante e innovativa, la lentezza nell’acquisizione dell’autonomia adulta che distingue la situazione dei giovani italiani – e più in generale di tutti i giovani mediterranei – viene interpretata infatti come una difficoltà nell’equilibrio intergenerazionale, caratteristica di questi contesti culturali (cfr. Scabini & Iafrate, 2003).
Tre sono gli aspetti centrali di questa lettura delle dimensioni psico-sociali di quella che viene definita come “transizione mediterranea” alla adultità.
Il primo riguarda i modelli teorici che descrivono il ciclo di vita familiare e sociale, che porta ad introdurre nuovi adulti nel contesto sociale.
Il secondo riguarda i rapporti tra transizione familiare e transizione sociale, e quindi l’equilibrio tra responsabilità familiari dirette e responsabilità sociali diffuse.
Il terzo, infine, riguarda gli aspetti ambivalenti o paradossali delle relazioni di aiuto, e in particolar modo la differenza tra lo scambio di aiuto orientato alla dipendenza e lo scambio di aiuto orientato all’autonomia (Nadler, 1997; 2002).
Nessun commento:
Posta un commento
Prima di lasciare un commento, controllare le istruzioni nella pagina: "Nuove Generazioni: fine e metodo"