Intervista di Riccarda Turrina
a Piero Viotto
a Piero Viotto
già docente di pedagogia presso l’Università Cattolica di Milano e Membro del comitato scientifico dell’Institut International Jacques Maritain
Lo studioso Piero Viotto illustra il carteggio fra il pittore e il filosofo che sarà presentato all’inaugurazione della mostra al Mart.
In oltre 250 lettere scritte fra il 1923 e il 1966 emergono le dimensioni di una relazione intellettuale di straordinaria fecondità.
La ricerca di un equilibrio fra l’autonomia della creazione e la sua funzione civile superando sia l’estetica liberale sia l’approccio socialista.
In che modo il pensiero di Maritain ha influenzato l’arte di Severini e viceversa?
«Maritain conosceva le opere di Severini prima di incontrare di persona l’artista. Già nel suo primo libro di estetica Arte e scolastica cita, elogiandolo, il libro di Severini “Dal Cubismo al Classicismo”, un’opera del 1921. La loro corrispondenza permette di conoscere il nascere e lo svilupparsi di una reciproca influenza. Il filosofo riflette sul lavoro dell’artista, ne segue la gestazione delle opere, e questi trova negli scritti del filosofo le motivazioni teoretiche del suo lavorare. Riconoscono insieme, sia pure con approcci diversi, da una parte l’autonomia dell’arte, che ha per fine il bene dell’opera, e dall’altra la responsabilità morale dell’artista».
Si può dire che la familiarità di Severini con gli scritti di Maritain abbia inclinato l’artista verso il neoclassicismo, o comunque verso il realismo?
«Assolutamente no. L’estetica di Maritain non è l’estetica di un particolare movimento artistico, perché individua i principi generali che reggono la creazione artistica e guidano la critica estetica, rilevando la forma intelligibile della bellezza che è presente in ogni indirizzo, fosse pure quello dell’arte informale.
D’altra parte Severini, come bene documentano i due cataloghi delle mostre di Parigi e di Rovereto, curate da Gabriella Belli e Daniela Fonti, con una lunga sperimentazione ha attraversato i più diversi movimenti, dal futurismo al divisionismo, dal cubismo al neoclassicismo. Maritain l’ha accompagnato in questa evoluzione intellettuale e si deve constatare che tracce di queste diverse esperienze persistono anche nelle ultime opere; basti ricordare l’olio “Primavera del 1954”».
La fede e il credo religioso sono stati determinanti in questa amicizia per il lavoro dei due protagonisti?
«Certamente; non si dimentichi che Maritain e Severini sono dei convertiti. Il filosofo, educato nella fede protestante, riceve nel 1906 il battesimo cattolico insieme a sua moglie Raïssa, un’ebrea russa, dopo che entrambi, che si erano sposati civilmente a vent’anni, erano diventati atei. L’artista, che aveva sposato civilmente nel 1913 Jeanne, figlia del poeta Paul Fort, conosce Maritain grazie ad un giovane sacerdote Gabriel Sarraute, con cui aveva fatto amicizia al Louvre, torna alla pratica religiosa dopo avere celebrato il matrimonio cattolico.
Entrambi testimoniano la loro fede nella vita e nelle opere, come risulta da questa corrispondenza, ma questa fede cattolica, nella filosofia dell’uno e nell’arte dell’altro, non diventa mai apologia, perché non strumentalizzano la religione, in quanto riconoscono il valore della libertà di coscienza, da rispettare in ogni uomo, e l’autonomia della ricerca filosofica e della creazione artistica».
Qual è il posto di Gino Severini tra gli artisti che i Maritain hanno frequentato?
«Tre sono gli artisti che i Maritain hanno conosciuto di persona. A casa di Léon Bloy hanno fatto amicizia con Georges Rouault, da cui furono iniziati alla storia dell’arte e di cui Jacques ha scritto sulle sue acqueforti incise per la Bibbia.
Durante la guerra, in America, hanno avuto rapporti con Marc Chagall per il quale Raïssa ha scritto un saggio e composto alcune poesie, che l’artista ha illustrato con i suoi disegni.
Ma è soprattutto con Severini che si ha una relazione continua, non frammentaria e occasionale, che coinvolge le due famiglie. Maritain segue la gestazione delle opere più importati dell’artista e gli sviluppi della sua creatività, Severini legge quasi tutti i libri che il filosofo scrive, non solo quelli di estetica, ma anche quelli di politica, di filosofia e di teologia. Entrambi si professano discepoli di san Tommaso e considerano la bellezza lo splendore del vero. Le loro mogli, Raïssa e Jeanne, si informano, reciprocamente, sulle gioie e sui dolori delle vicende familiari».
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