Riceviamo da Pier Giorgio Maiardi la relazione di:
Guido Formigoni, Docente di Storia contemporanea all'Università IULM
Un ennesimo incontro sul cattolicesimo democratico? Dobbiamo motivare la scelta e tentare di spiegare cosa ci sia di nuovo, quale sguardo al futuro ci proponiamo convocandoci in questa assemblea.
Non si può non partire da una convinzione: l’esistenza di «una prospettiva spiritual-cultural-politica», di una sintonia tra persone diverse basata su alcuni elementi essenziali comuni. Credenti fedeli e laici di Santa Romana Chiesa, cattolici che prendono sul serio la democrazia. Come metodo plurale di organizzazione della convivenza nella libertà, ma anche (in senso primo-novecentesco) come istanza di emancipazione, crescita e dignità dei «molti» non privilegiati in una società diseguale. Bastano queste prime note per cogliere le due lunghezze d’onda fondamentali intrecciate tra loro: nella sensibilità cattolico-democratica c’è da una parte un forte sentire ecclesiale vissuto nella laicità e nella libertà, cosciente dell’eccedenza della fede cristiana e della sua irriducibilità a religione politica o civile; e dall’altra parte una scelta politica per l’uguaglianza, la pace e la giustizia, innervata da un senso acuto delle mediazioni e della «giustizia possibile» da realizzare nella storia.
Quindi, cattolici diversi da altri. Cittadini diversi da altri. Che si collocano, si schierano, prendono appassionatamente parte. Non credo utile mettere paletti, dare il senso di una definizione più stretta e precisa: mi sembra molto più produttivo tenere un orizzonte ampio e inclusivo a definire i possibili incontri, anche dialettici. Diciamolo in altro modo: in questo orizzonte ci stanno persone che hanno fatto scelte anche diverse negli ultimi anni. Ci sono gruppi, fermenti, iniziative, percorsi, non del tutto omogenei. C’è un pantheon di miti e di padri nobili pluralistico e articolato. E’ bene in una prima fase che continui a essere così. L’evocazione di concilio, costituzione e cittadinanza (i C3 del titolo), traduce in riferimenti evocativi questa sensibilità: due «stelle polari» del passato e un impegno per il futuro. Per questo utilizziamo l’antica e nobile espressione di “cattolici democratici”. Per questo la frase che sta nel titolo dell’incontro: per una rete tra cattolici “e” democratici è stata inventata un po’ per sfida, per alludere a una ricerca che vada oltre un’identità strettamente delineata. Non equivochiamo questa frase: non intendiamo mettere insieme credenti non democratici o democratici non credenti (anche se nel dialogo anche questi mondi «altri» la sensibilità cattolico-democratica si affina). Quanto piuttosto delineare un campo di tensioni aperte, di ricerca senza vincoli, più che non un orizzonte dottrinale, o addirittura ideologico, circoscritto e preciso.
Quindi, cattolici diversi da altri. Cittadini diversi da altri. Che si collocano, si schierano, prendono appassionatamente parte. Non credo utile mettere paletti, dare il senso di una definizione più stretta e precisa: mi sembra molto più produttivo tenere un orizzonte ampio e inclusivo a definire i possibili incontri, anche dialettici. Diciamolo in altro modo: in questo orizzonte ci stanno persone che hanno fatto scelte anche diverse negli ultimi anni. Ci sono gruppi, fermenti, iniziative, percorsi, non del tutto omogenei. C’è un pantheon di miti e di padri nobili pluralistico e articolato. E’ bene in una prima fase che continui a essere così. L’evocazione di concilio, costituzione e cittadinanza (i C3 del titolo), traduce in riferimenti evocativi questa sensibilità: due «stelle polari» del passato e un impegno per il futuro. Per questo utilizziamo l’antica e nobile espressione di “cattolici democratici”. Per questo la frase che sta nel titolo dell’incontro: per una rete tra cattolici “e” democratici è stata inventata un po’ per sfida, per alludere a una ricerca che vada oltre un’identità strettamente delineata. Non equivochiamo questa frase: non intendiamo mettere insieme credenti non democratici o democratici non credenti (anche se nel dialogo anche questi mondi «altri» la sensibilità cattolico-democratica si affina). Quanto piuttosto delineare un campo di tensioni aperte, di ricerca senza vincoli, più che non un orizzonte dottrinale, o addirittura ideologico, circoscritto e preciso.
Nel Paese, in questa Italia che vive una crisi complessa e pur tuttavia è ricca di vitalità e speranza, c’è bisogno di credenti determinati a lottare per la giustizia e la solidarietà, innamorati promotori della libertà e dei diritti dei singoli e dei gruppi, capaci di mediazioni democratiche e di custodire un senso acuto della complessità e dei limiti della politica, oltre che un rigoroso approccio di laicità (ancor più necessario di fronte all’ambigua espressione «età post-secolare»). C’è bisogno di donne e uomini di dialogo, che contribuiscano a rivitalizzare un’area democratica e di sinistra dilaniata tra correnti esangui che scontano nel compatibilismo ad oltranza il complesso del loro estremismo giovanile, da una parte, e componenti irresponsabili vagamente alla ricerca di un altrove che li fa preda di un «benaltrismo» poco creativo, dall’altra. Contro l’acquiescenza, contro il mugugno, oltre la protesta, ci vuole inventiva, responsabilità, coinvolgimento. Come diceva Aldo Moro nel 1944: «Il cristiano dev'essere così idealista, da credere sempre e solo nella forza della carità; così realista, da volere con tutte le sue energie la giustizia ed il gioco delle forze politiche che la determina». In questa linea esigente sta un contributo da offrire al paese.
Se questa sensibilità si rafforzerà nella Chiesa e nella cultura, verrà naturale promuovere l’inserimento nella politica di energie nuove, verrà naturale sostenere chi in politica già offre il suo servizio, interloquire con la politica per suscitare verifiche e adeguamenti, arricchimenti reciproci. Non è una meta facile, ma è fondamentale costruire finalmente un circolo virtuoso tra il radicamento nella società, la dimensione culturale e le scelte di singoli e di gruppi per un impegno politico doveroso e necessario. Tale sbocco non deve esaurire l’orizzonte di ricerca comune o peggio strumentalizzare a fini di pur nobile protagonismo le energie sociali e civili che si mettono in moto. Circolo virtuoso vuol dire che ognuno deve fare la sua parte, e che i cattolici democratici impegnati in politica porteranno la loro capacità di cooperazione e di iniziativa intrecciandosi con altri contributi. Non siamo disponibili per il progetto, per vari aspetti politicamente e pastoralmente regressivo, di una eventuale «cosa bianca», ma nemmeno per una illusoria corrente cattolico-democratica del Pd o del centro-sinistra! Il fermento dei cattolici democratici continuerà ad animare lo schieramento riformatore del paese, e lo farà con ricchezza maggiore se potrà interloquire con una rete viva e forte di riflessioni e persone, di pratiche di progettazione e di partecipazione, di trasmissione di idee, memorie, saperi, competenze, aspirazioni.
Riusciremo tutti assieme – allargando ovviamente con lungimiranza e tenacia il giro delle persone coinvolte – a costruire queste condizioni? Se tenteremo di farlo con leggerezza, vivacità, dedizione e – perché no – un po’ di allegria, penso che sarà un percorso arricchente e divertente, oltre che un servizio di spessore umano e di responsabilità storica.
Come diceva don Tonino Bello, citando Rostand: «E’ di notte che è meraviglioso attendere la luce. Bisogna forzare l’aurora a nascere, credendoci. Amici, forzate l’aurora. E’ l’unica violenza che vi è consentita».
Come diceva don Tonino Bello, citando Rostand: «E’ di notte che è meraviglioso attendere la luce. Bisogna forzare l’aurora a nascere, credendoci. Amici, forzate l’aurora. E’ l’unica violenza che vi è consentita».
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