di Lorenza Rebuzzini
Ricercatrice del Cisf, Centro Internazionale Studi Famiglia e
Consulente progetti conciliazione famiglia e lavoro
Riceviamo e pubblichiamo questo articolo che è apparso nel mese di luglio su "Cronache e Opinioni".
Sappiamo che parlare di lavoro oggi in Italia non è facile, e forse può sembrare velleitario parlare di conciliazione lavoro-famiglia quando dovrebbero essere ben altri (disoccupazione, precarietà, bassi salari, lavoro nero) i temi e le emergenze da affrontare. Questa appena presentata è, tuttavia un'argomentazione fallace: il tema della conciliazione famiglia-lavoro intercetta in realtà molti dei nodi cruciali che oggi famiglie e aziende si trovano ad affrontare sul tema del lavoro, della sua organizzazione, di quali saranno gli sviluppi del lavoro nel futuro prossimo. In un recente documento (Aprile 2011) l'OCSE - Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico - compie un passaggio perfino ulteriore: le politiche di conciliazione famiglia-lavoro sono considerate uno strumento indispensabile delle politiche familiari, centrali non solo per il benessere delle famiglie, ma per la sostenibilità stessa del sistema economico e sociale europeo, messo in crisi sia dal calo demografico costante, sia dall'altrettanto costante invecchiamento della popolazione.
Proprio l'OCSE ha proposto una valutazione delle politiche familiari seguendo tra parametri: tasso di natalità, tasso di occupazione femminile, tasso di povertà infantile.
Tre parametri correlati tra loro: il lavoro delle donne sembra infatti costituire sia un fattore che sostiene la natalità (nei Paesi dove il tasso di occupazione è più alto, anche il tasso di natalità è maggiore) sia un fattore protettivo nei confronti della povertà infantile (quando due genitori lavorano è meno probabile che entrambi perdano il lavoro, entrando così in una spirale di povertà; inoltre anche le prime esperienze di microcredito dimostrano come il reddito delle madri costituisca fattore di protezione e possibilità di istruzione per i figli).
Lo sforzo culturale da compiere va dunque in una duplice direzione.
In primo luogo è necessario avviare politiche di conciliazione famiglia-lavoro (e non politiche per la parità di genere). Va cioè riconosciuto che i carichi di cura sono familiari, pertinenti cioè sia ai padri sia alle madri; anche se, sostanzialmente, per molteplici motivi, le donne continueranno ad assumersi la maggior parte del carico di cura familiare, riconoscere la famiglia come stakeholder delle politiche di conciliazione premette di considerare come prioritario il sistema di relazioni di cura familiare.
In secondo luogo l'implementazione di politiche aziendali di conciliazione famiglia ha un vasto impatto sulla cultura organizzativa e sulla gestione del personale.
La flessibilità contrattuale può diventare un reale strumento di conciliazione nel momento in cui implica anche fattualmente una flessibilità oraria e una libertà "logistica" che (in questo momento) i contratti di lavoro subordinato non permettono.
Nessun commento:
Posta un commento
Prima di lasciare un commento, controllare le istruzioni nella pagina: "Nuove Generazioni: fine e metodo"